Nel 1972 a Varna, in Bulgaria, l’operaio Raycho Marinov stava posando un cavo elettrico, quando il suo escavatore portò alla luce degli oggetti d’oro. Gli scavi rivelarono un antico cimitero, e gli archeologi constatarono che anche 6.500 anni fa le persone non erano tutte uguali e che esistevano già ricchi e poveri.

Ma più o meno nello stesso periodo, a poche centinaia di chilometri di distanza la vita appariva assai diversa. Nelle steppe a nord del mar Nero, tra i Carpazi e il Dnepr, negli ultimi decenni gli archeologi hanno trovato i resti di enormi insediamenti. Sono attribuiti alla cultura di Cucuteni-Tripillia, e questi siti si distinguono soprattutto per ciò che manca: le tracce di una distinzione tra ricchi e poveri.

Chiara Dattola

Secondo l’opinione comune, nelle città le differenze sociali sono inevitabili: quando le persone cominciano a specializzarsi nelle varie professioni alcune diventano più ricche ed emerge una gerarchia. È più o meno quello che successe a Uruk, in Mesopotamia, considerata la prima città della storia. Al culmine della sua espansione arrivò a una superficie di 5,5 chilometri quadrati e a una popolazione di cinquantamila persone, tra cui ricchi e schiavi, governate da un re.

Ma nella cultura tripilliana le cose andarono diversamente. Anche se meno densamente popolate, le maggiori città tripilliane potevano avere più di diecimila abitanti. Al loro interno non sono stati trovati palazzi, templi o altri edifici monumentali, ma quasi esclusivamente case di dimensioni simili, disposte in forma di ovale attorno a una piazza centrale aperta, forse usata per le riunioni.

Tre archeologi dell’università di Kiel, in Germania, hanno analizzato le planimetrie di settemila edifici rinvenuti in trentotto insediamenti sparsi tra le attuali Bulgaria, Moldova e Ucraina. La loro ipotesi, esposta sulla rivista Antiquity, è opposta a quanto si ritiene comunemente: considerando le dimensioni degli edifici, in quelle città la disuguaglianza era minore rispetto a oggi. Di norma, più una famiglia è ricca, più grande è la sua abitazione. Così hanno usato le piante degli insediamenti per calcolare il coefficiente di Gini, che misura la disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza all’interno dei gruppi. Lo zero rappresenta la perfetta uguaglianza, mentre un valore pari a uno significa che una persona possiede tutto e gli altri niente.

Secondo la Banca centrale europea nei paesi dell’eurozona il coefficiente di Gini è 0,72. Negli insediamenti di Tripillia, sostengono gli archeologi, il valore medio era poco inferiore a 0,24. Il dato non varia a seconda della grandezza dell’insediamento, ma con il tempo. All’inizio le differenze erano intorno allo 0,25. Tra il 4200 e il 3800 avanti Cristo calarono a 0,2.

I ricercatori di Kiel concludono che negli insediamenti doveva dominare un’ideologia ugualitaria accompagnata da efficaci meccanismi per ridurre le disuguaglianze. I membri di questa cultura avevano trovato il modo per bilanciare i loro interessi e condividere i guadagni. È la prova che una società più complessa non è necessariamente anche più gerarchica.

Una fine misteriosa

Ma a un certo punto qualcosa dev’essere andato storto. A partire dal 3600 aC gli insediamenti furono abbandonati e gli edifici bruciati. Le ragioni non sono del tutto chiare, ma gli studi genetici sembrerebbero escludere deportazioni o epidemie. Con il declino dei primi insediamenti il divario tra ricchi e poveri aumenta: intorno al 3500 aC, poco prima che le città scomparissero, in alcuni casi si raggiunsero valori superiori a 0,3.

Allo stesso tempo sorsero nuovi insediamenti più piccoli, forse fondati da individui che non volevano vivere in città segnate dalle disuguaglianze sociali, suppongono i ricercatori. Ad attirare la gente nelle città tripilliane potrebbe essere stata proprio l’uguaglianza. Quando le differenze ricominciarono a prendere piede, queste persone bruciarono le loro case e se ne andarono. Allora la disuguaglianza era ben poca cosa rispetto a quella dell’Europa di oggi. Ma se i ricercatori hanno ragione, per gli abitanti delle città dell’epoca era già troppo. ◆ nv

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Questo articolo è uscito sul numero 1564 di Internazionale, a pagina 103. Compra questo numero | Abbonati