Quando riceve la mia telefonata, Anton Ambroziak sta finendo un lungo articolo sulla scuola pubblica in Polonia. I risultati della sua inchiesta sono una doccia fredda per il ministero dell’istruzione. Un sondaggio condotto tra genitori e insegnanti indica infatti che più di metà dei polacchi, se ne avesse la possibilità, preferirebbe mandare i figli a studiare negli istituti privati.

Ambroziak lavora per il sito di notizie OKO.press, sostenuto grazie al crowd­funding, e non è per niente sorpreso. Conosce bene la realtà polacca e mi spiega subito quali sono i problemi del sistema scolastico: piani di studio esagerati, disuguaglianza in crescita (“I genitori si affidano sempre più spesso a insegnanti e scuole privati”, mi spiega) e la fuga dei docenti (“Non ci prendiamo abbastanza cura di loro e i più anziani, un tempo mossi dai loro ideali, oggi non ce la fanno più, mentre i giovani di talento non hanno alcun incentivo a prendere il loro posto”).

Anton Ambroziak, 16 agosto 2020  (Per gentile concessione di Anton Ambroziak)

Anton Ambroziak è un astro nascente del giornalismo polacco. Nel 2018 i suoi articoli sulle ingiustizie sociali gli hanno permesso di vincere un premio di Amnesty international. Oltre a occuparsi di scuola, ha seguito l’evoluzione del femminismo polacco, le disuguaglianze economiche e gli scandali giudiziari del paese. Un suo articolo recente svela il progetto di costruire una baraccopoli di prefabbricati alla periferia di Varsavia dove mandare gli “abitanti problematici” della città.

Ambroziak, però, non è solo questo: è anche uno dei primi personaggi pubblici transgender della Polonia. Quando parla di sé usa i pronomi maschili e si definisce non binario. In un’intervista del luglio 2018 a Vogue Polonia ha raccontato la sua transizione, confessando le proprie paure e le speranze per le persone come lui. Oggi però preferirebbe essere riconosciuto più per il suo lavoro da giornalista che per la sua identità queer. “Ho già raccontato la mia storia”, sottolinea. “Se devo essere onesto non l’ho fatto nella speranza di far cambiare idea alla gente. L’ho fatto per il bene delle altre persone trans. Volevo che sentissero di non essere sole, di avere uno spazio all’interno del dibattito pubblico”.

La paura di Ambroziak è condivisa da molte persone della comunità trans che lavorano nel mondo delle arti in Polonia: non vogliono che sia considerato l’unico portavoce della loro comunità. Trovare un equilibrio è difficile. “Non voglio restare zitto sulle questioni che riguardano i diritti. E sono disposto a mettere in contatto i miei colleghi giornalisti con le persone trans che vogliono condividere la loro storia. Ma, personalmente, preferirei stare dall’altra parte della barricata: fare domande, ascoltare, indirizzare la conversazione. Voglio che il mio lavoro parli per sé”. Ambroziak cerca di analizzare i problemi dei giovani polacchi lgbt, dalla mancanza di aiuto psicologico alla campagna repressiva orchestrata dal governo. A settembre del 2020, dopo che un terzo dei comuni polacchi si era dichiarato “zona libera dall’ideologia lgbt”, i diplomatici di cinquanta paesi stranieri hanno invitato il governo guidato dal partito di destra Diritto e giustizia (Pis) a rispettare i diritti delle minoranze. A giugno dello stesso anno Przemysław Czarnek, ministro dell’istruzione e deputato di Diritto e giustizia, aveva dichiarato alla tv di stato che era “il momento di smettere di ascoltare tutte le fesserie sui diritti umani”, e che i polacchi che rifiutano l’eteronormatività non sono “uguali alle persone normali”.

Il suo obiettivo è spostare l’attenzione dai singoli individui alla comunità lgbt, con le sue esperienze e prospettive

Dalla parte degli adolescenti

Ambroziak in realtà non pensa di potersi definire un attivista. La sua è una resistenza silenziosa. Preferisce portare avanti quella che chiama una “guerriglia di sostegno” per gli adolescenti transgender, soprattutto quelli che vivono lontano dalle grandi città.

“Condividere le informazioni è fondamentale. I giovani spesso non conoscono i loro diritti”, spiega. “Per esempio gli insegnanti a volte sostengono che le regole scolastiche vietano a uno studente di scegliere se indentificarsi con i pronomi maschili o femminili, ma non è vero. Spesso indirizzo alcuni giovani trans alla Fundacja Trans-Fuzja, un’ong di Varsavia che offre supporto”. Parte del suo impegno è dedicato alle emergenze. “Per esempio se un adolescente trans è buttato fuori di casa, la nostra preoccupazione immediata è quella di trovargli un posto dove stare”.

Secondo Ambroziak internet ha creato nuove possibilità per i polacchi della generazione Z (ragazze e ragazzi nati tra il 1995 e il 2010) che si sentono lontani dalla narrazione dominante del “cattolico etero bianco”. Le comunità online hanno offerto solidarietà e assistenza, spesso aiutando le persone non binarie a trovare le parole per descrivere la loro esperienza.

Ma questa apertura ha creato anche nuove frustrazioni. “Una cosa particolarmente difficile da gestire per i polacchi della generazione Z è conciliare i messaggi di accettazione che trovano online con l’omofobia dominante nella società”, spiega Ambroziak. “L’accesso sempre più facile alle informazioni ha cambiato la mentalità dei giovani queer, che troppo spesso si sentono isolati all’interno delle loro famiglie e comunità”. Tutto questo ha dato anche nuova forza all’attivismo polacco per i diritti lgbt. “In passato sono state fatte molte promesse non mantenute. Durante il precedente governo di Piattaforma civica (Po, centrodestra liberale), ci dicevano sempre che sarebbero state introdotte le unioni civili, che dovevamo solo aspettare pazientemente e non creare problemi. Ma sono passati otto anni e nel frattempo non è stato fatto niente”.

Biografia

◆ 1992 Nasce a Breslavia, in Polonia. I genitori lo chiamano Agata, ma cambierà il nome in Anton.
◆ 2016 Scrive articoli sul sito OKO.press, occupandosi di scuola, diritti umani e disuguaglianze. In seguito collaborerà anche con il quotidiano Gazeta Wyborcza.
◆ 2017 Partecipa alle iniziative dell’associazione per i diritti delle persone transgender Fundacja Trans-Fuzja.
◆ 2018 Vince il premio giornalistico Pióro Nadziei, assegnato da Amnesty international.


Agli occhi di molti polacchi – sostenitori del movimento e non – il nuovo volto dell’attivismo queer è quello di Margot Szutowicz, attivista non binaria arrestata ad agosto del 2020 con l’accusa di aver danneggiato il furgone di un militante antiabortista che mostrava degli slogan omofobi. I tentativi d’impedire l’arresto di Szutowicz hanno spinto la polizia a una dimostrazione di forza senza precedenti. Sui social network sono state pubblicate immagini di manifestanti e passanti trascinati per le strade. “Per molti polacchi Margot è un personaggio sconvolgente”, spiega Ambroziak. “Lei è diversa: non si preoccupa delle aspettative sul comportamento delle persone trans. Bestemmia, si veste come vuole e rivendica con insistenza i suoi diritti. Non è per niente umile ed educata”.

Giornalismo impegnato

In un momento in cui gli attivisti lgbt si fanno sentire sempre di più, il lavoro di Ambroziak potrebbe passare in secondo piano. Ma in un certo senso quello che fa è altrettanto radicale. Il suo obiettivo è spostare l’attenzione dagli individui queer alla comunità lgbt, con la sua cacofonia di voci, esperienze e prospettive. In questo modo le riporta al ruolo di componenti del tessuto sociale, invece di presentarle solo come eccezioni. “Non credo che il mio lavoro sia un’estensione dell’attivismo. Non è questo che dovrebbe fare il giornalismo. Cerco di dare voce a chi manifesta, ma anche alle persone le cui storie sono state trascurate”.

Ambroziak si descrive comunque come una persona “allergica alla mancanza di libertà”. “Di sicuro il mio è un giornalismo impegnato”, ammette. “La redazione di OKO.press si schiera contro la falsa obiettività dei mezzi d’informazione più diffusi, che forniscono una piattaforma alle visioni discriminatorie, non scientifiche ed estremiste in nome dell’‘equilibrio’. Noi siamo diversi. I diritti umani e le istituzioni democratiche sono il nostro punto di partenza”.

Ambroziak è convinto che gli scioperi del 2020 contro le leggi sull’aborto in Polonia (a cui hanno partecipato giovani e vecchi, queer ed etero di tutto il paese) contribuiranno a portare le voci degli emarginati al centro del dibattito: “Mi piace pensare che gli scioperi siano stati una rivoluzione della dignità. Hanno spinto molte persone ad ascoltare le esperienze di vita degli altri, invece di limitarsi a esporre le proprie idee. I dibattiti sull’aborto hanno creato un forte sentimento di unità. Spero che questo sentimento duri nel tempo”. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1432 di Internazionale, a pagina 76. Compra questo numero | Abbonati