Non sono molte le mostre capaci di ribaltare la storia del Regno Unito e della sua arte, ma è sicuramente il caso di questa enorme indagine sul passato culturale del paese, dal 1520 al 1920. L’esposizione inaugurata alla Tate Britain, a Londra, rende giustizia a molte artiste colpevolmente dimenticate e a opere trascurate, più di quante sia possibile elencare in una recensione, riuscendo a non eccedere in retorica. Le descrizioni delle opere sono chiare e precise e si limitano a mettere insieme una grande quantità d’informazioni.

Nel suo Autoritratto come allegoria della pittura, Artemisia Gentileschi si sporge in avanti con gli occhi fissi sul suo obiettivo, immersa nel suo lavoro mentre stende un braccio nudo per aggiungere uno schizzo di pittura alla tela a cui si sta dedicando furiosamente. Con i suoi capelli corvini, le sopracciglia nere, il vestito verde e la mano sporca di colore, crea una presenza formidabile. Ma non è sola. Non più.

Relegate nei magazzini

L’inclusione di Gentileschi può sembrare una sorpresa, ma la straordinaria artista italiana ha effettivamente lavorato nel Regno Unito nel 1638, alla corte di Carlo I ed Enrichetta Maria. Suo padre, a Londra come artista di corte, era gravemente malato, ed è probabile che la figlia lo abbia aiutato con gli affreschi del tetto della Casa delle delizie della regina, a Greenwich. Proprio alla corte degli Stuart Artemisia Gentileschi ha creato la sua vivida, cruda e precocemente femminista Allegoria della pittura.

Quello è stato il momento decisivo, penserete: quattrocento anni fa, nel Regno Unito le donne si sono finalmente affermate come artiste. Tuttavia le vicissitudini alterne dell’arte al femminile emergono brutalmente nel secondo quadro di Gentileschi incluso nella mostra: Susanna e i vecchioni, dipinto a Londra per la regina Enrichetta e sopravvissuto per secoli nella Royal collection con una attribuzione sbagliata, relegato nei magazzini. Solo nel 2023 è stato riconosciuto come opera di Gentileschi.

È un fatto incredibile, considerando quanto il quadro corrisponda alla sua arte. Il tema di Susanna, sorpresa mentre fa il bagno nuda da due inquietanti guardoni, era una delle ossessioni dell’artista, che lo aveva raffigurato quando era ancora un’adolescente.

Gwen John, Autoritratto (Photo Tate, Mark Heathcote and Samuel Cole)

Questo basta a capire quanto sia indispensabile la mostra Now you see us. Com’è possibile che una personalità artistica così forte sia stata nascosta? Semplice: è stato sufficiente continuare a disprezzare, sminuire, negare la paternità dei dipinti, evitando accuratamente di dare alle donne la stessa attenzione normalmente riservata agli uomini.

E comunque Artemisia Gentileschi non è stata la prima pittrice nel Regno Unito, ma soltanto la prima a ottenere un certo riconoscimento.

Le pittrici di miniature fiamminghe Susanna Horenbout e Levina Teerlinc hanno lavorato alla corte di Enrico VIII ed erano apprezzate a livello internazionale, ma ancora oggi è impossibile abbinare con certezza il loro nome a delle opere. La mostra presenta una serie di minuscoli e precisissimi ritratti come possibili candidati.

Artemisia ha lasciato il Regno Unito alla vigilia della guerra civile scoppiata nel 1642 tra Inghilterra e Galles, al contrario di Joan Carlile, che dopo aver lavorato come lavandaia della regina ha sfruttato la sua conoscenza di sete e taffetà per guada­gnarsi da vivere una volta caduta la monarchia, dipingendo donne in abiti eleganti. Le sue Signore sconosciute indossano splendidi vestiti argentati, e sono realizzate con un’attenzione per il materiale che ricorda gli artisti olandesi dell’epoca. La storica dell’arte Svetlana Alpers ha usato l’espressione “arte della descrizione” per indicare l’ossessione nordeuropea per l’estetica. In questo senso, considerando l’evoluzione di un’arte propriamente britannica, potremmo parlare di arte dell’empirismo.

Artemisia Gentileschi, Allegoria della pittura (Royal Collection Trust/© His Majesty King Charles III 2024)

Le donne eccellevano senz’altro in questa disciplina. Alcune delle opere più affascinanti esposte all’interno della mostra sono nature morte botaniche. Dipingere fiori era sminuito come “una faccenda da donne”, ma in realtà era una procedura scientifica. Le incantevoli peonie dipinte all’inizio dell’ottocento da Clara Maria Pope sono un prestito del Natural history museum, mentre gli studi georgiani di fiori verdi e viola di Mary Delany, realizzati tagliando carta colorata, appartengono a un progetto scientifico, la collezione “Flora delanica”.

Ritratti, nudi, osservazioni

Altre artiste meritano un’osservazione attenta. Mary Beale, una delle prime pittrici nate nel Regno Unito, immortalava le donne della restaurazione con agile intimità, evidenziando un sentimento ancora più intenso quando ritraeva il suo bambino dai capelli ricci. Il settecento ha segnato l’età dell’oro del ritratto britannico, con un’abbondanza di pittori tra cui i committenti potevano scegliere. Georgiana, duchessa del Devonshire, è stata ritratta da Reynolds e Gainsborough, ma nel 1872 a entusiasmare è stato il dipinto di Maria Cosway, in cui la duchessa vola tra nuvole apocalittiche mentre i lembi della sua veste le vorticano intorno.

Spesso le donne ritraevano nudi femminili, dall’onirica scena di Venere vestita dalle tre grazie, dipinta nel seicento da Anne Killigrew, alla Baccante di Henrietta Rae, omaggio ai classici di epoca tardo vittoriana. In quest’ultima opera, una donna nuda tocca alcuni acini d’uva. Fatico a ricordare l’ultima volta in cui ho visto così tanti nudi femminili alla Tate.

Nel momento in cui Rae dipingeva le scene erotiche, le donne britanniche ormai frequentavano le scuole d’arte, un cambiamento guidato dalla Slade di Londra, che garantiva la parità di genere. Laura Knight ha frequentato la Nottingham school of art, dove ha costruito quella sicurezza che le avrebbe permesso di sperimentare in modo sensazionale. Una parete dedicata ai suoi dipinti mostra quanto fosse a suo agio tecnicamente, tanto da permettersi di sperimentare. Osserviamo donne che esplorano una costa rocciosa. Knight s’immerge nelle loro vite e nei loro pensieri sullo sfondo del mare blu.

Le donne che hanno osato essere artiste in un mondo vecchio, in cui la loro esistenza sociale, economica e legale era fortemente limitata, non sfigurano davanti alle moderniste come Gwen John e Vanessa Bell. I ritratti e le descrizioni della natura sono sempre stati tra i massimi prodotti del genio britannico, un genio che è stato condiviso da molte donne mai celebrate come avrebbero meritato. ◆ as

La mostra Now you see us. Women artists in Britain 1520-1920 sarà alla Tate Britain fino al 13 ottobre 2024.

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Questo articolo è uscito sul numero 1564 di Internazionale, a pagina 79. Compra questo numero | Abbonati