Da quando le truppe di Mosca hanno invaso il loro paese, molti ucraini hanno deciso di rimboccarsi le maniche. E questo è sicuramente il caso della scrittrice e poeta Viktorija Amelina.

Subito dopo il 24 febbraio 2022, il giorno in cui i soldati inviati dal Cremlino hanno attaccato il suo paese, Amelina ha cominciato a lavorare come volontaria per le organizzazioni umanitarie a Leopoli, la città dell’Ucraina occidentale dov’è nata e che dall’inizio della guerra accoglie migliaia di sfollati. Amelina ha ospitato molte persone in fuga dalle regioni colpite dal conflitto.

Durante le prime settimane della guerra, l’atmosfera a Leopoli era carica di paura. Le finestre dell’appartamento della madre di Amelina si sono frantumate quando un missile ha colpito un vicino stabilimento per la manutenzione dei carri armati. Meno di un mese dopo, sono arrivate le notizie sulla morte di alcuni conoscenti. “In quel periodo pensavamo che potesse succedere qualsiasi cosa”, racconta la scrittrice, 37 anni. “Anche un’offensiva russa dalla Bielorussia, con Leopoli come primo obiettivo”.

Un giorno, mentre stava camminando su via Zamarstynivska – la strada in cui viveva l’avvocato polacco Raphael Lemkin, l’uomo che coniò il termine “genocidio” – Amelina ha capito che voleva fare qualcosa di più. Era una delle più celebrate giovani autrici ucraine e una presenza fissa ai festival letterari sia in patria sia all’estero, ma non voleva limitarsi a scrivere testi sulla guerra o a far sentire la voce del suo paese in occasione di eventi internazionali. Così, alla fine del marzo 2022, ha deciso di studiare per diventare una ricercatrice specializzata in crimini di guerra. “Non penso che la legge e i diritti umani siano ambiti riservati alle persone laureate in giurisprudenza. La legge riguarda gli esseri umani, o quanto meno dovrebbe essere incentrata su di loro. In questo senso è simile alla letteratura”, spiega.

Amelina si è rivolta all’organizzazione ucraina per la difesa dei diritti umani Truth hounds, che negli ultimi otto anni ha indagato sui crimini di guerra e le violazioni dei diritti umani non solo in Ucraina, ma in altri paesi dell’Europa orientale e dell’Asia centrale.

La sua formazione è cominciata con un corso teorico di due giorni, è continuata con una settimana di attività supervisionata sul campo, e si è conclusa alla fine di maggio 2022. In quel periodo la scrittrice ha passato lunghe notti studiando le convenzioni di Ginevra (quattro trattati e tre protocolli che stabiliscono gli standard legali internazionali per tutelare le persone in contesti di guerra) e lo statuto di Roma (il trattato internazionale alla base della fondazione della Corte penale internazionale), mentre intorno a lei suonavano le sirene per annunciare gli attacchi aerei russi.

Fino al marzo 2023 l’ufficio del procuratore generale di Kiev aveva raccolto più di ottantamila segnalazioni di crimini di guerra commessi dall’esercito russo in Ucraina dall’inizio dell’invasione. Già oggi il compito dei ricercatori è difficile, e l’eventuale riconquista di territori da parte dell’esercito ucraino non farà che renderlo ancora più complesso.

Giustizia per le vittime

A causa del numero di crimini commessi, per riuscire a documentare i fatti le autorità ucraine spesso si affidano anche ad alcune organizzazioni civili, sia locali sia internazionali. Questi “investigatori” dei crimini di guerra trasmettono i risultati delle loro ricerche all’ufficio del Procuratore generale di Kiev, alla Corte penale internazionale (Icc) e ad altri organi giudiziari. Di recente i funzionari ucraini hanno incontrato più volte i rappresentanti dell’Icc e hanno collaborato con l’Unione europea e con più di trenta paesi per creare un tribunale in grado di processare i responsabili delle atrocità commesse in Ucraina.

“Neanche quando sono a Londra o Berlino smetto di pensare che è meglio evitare l’erba, perché potrebbero esserci delle mine”

L’inizio del lavoro di Amelina ha coinciso proprio con la scomparsa del suo collega Volodymyr Vakulenko, famoso scrittore per bambini che aveva deciso di restare nel villaggio di Kapitolivka (nei pressi di Izjum, nell’oblast di Charkiv) per prendersi cura del figlio disabile. “Sapevo che c’erano migliaia di casi simili a quello di Vakulenko”, spiega Amelina. Secondo la polizia dell’oblast di Charkiv, il 24 marzo 2022 le forze russe hanno prelevato Vakulenko caricandolo a forza su un’automobile con la lettera Z, simbolo dell’esercito russo in Ucraina. L’intera comunità letteraria ucraina sperava che l’uomo venisse ritrovato ancora in vita dopo la liberazione, anche se le probabilità erano scarse.

Come esponente della sezione ucraina di Pen international, l’organizzazione non governativa per la difesa dei diritti umani che sostiene gli scrittori in tutto il mondo, Amelina ha fatto tutto il possibile per attirare l’attenzione sul suo caso. “Non riuscivo a smettere di pensare a lui”, racconta.

Truth hounds ha cominciato a pianificare un viaggio nell’oblast di Charkiv subito dopo l’inizio della controffensiva ucraina, nel settembre 2022.

Amelina si è offerta volontaria per partecipare, rinunciando a un festival letterario in Svezia. Fin dall’inizio della missione nell’oblast, era ansiosa d’incontrare al più presto i genitori di Vakulenko, rimasti entrambi a Kapitolivka. Ma la squadra di ricercatori ha trovato tre stanze per la tortura nella città di Balaklija e ha dovuto dedicare diversi giorni a documentare i crimini di guerra a Verbivka e Izjum.

Le speranze della comunità letteraria ucraina si sono infrante il 28 novembre, quando un test del dna ha confermato che il cadavere di Vakulenko si trovava dentro una fossa comune in un bosco vicino a Izjum. A dicembre Sergej Bolvinov, capo del dipartimento investigativo della polizia dell’oblast di Charkiv, ha dichiarato alla Bbc che sono stati trovati due proiettili calibro 9 nel corpo di Vakulenko, probabilmente sparati da una pistola Makarov, un’arma semiautomatica un tempo molto diffusa nell’Unione Sovietica.

Il diario che Vakulenko aveva cominciato a scrivere poco dopo l’inizio dell’invasione è un resoconto della sua esperienza e di quello che gli ucraini come lui subivano per mano degli occupanti russi. Quando Amelina è riuscita a raggiungere i genitori di Vakulenko, ha cercato il diario insieme al padre.

Entrambi sapevano che lo scrittore era riuscito a seppellirlo nel cortile di casa, vicino a un ciliegio, prima dell’arrivo dei russi. “Quel gesto mi ha colpito profondamente. È stato l’ultimo tentativo di uno scrittore di parlare e farsi sentire”, ha detto Amelina alla Bbc a dicembre. Il diario di Vakulenko oggi è custodito nel museo letterario di Charkiv.

L’ultima annotazione si conclude con queste parole: “Tutto sarà Ucraina! Credo nella vittoria”.

“Ogni sopravvissuto all’occupazione ha una storia unica, e quasi tutti sono felici di raccontarcela”, spiega la scrittrice. Molti esprimono la loro gratitudine facendo regali, soprattutto cose da mangiare. Lei ha ricevuto noci, mele e altri frutti provenienti dai giardini delle persone con cui aveva parlato. “Un uomo mi ha offerto una bottiglia di birra russa che risaliva ai giorni dell’occupazione, ma ho deciso di non berla”, dice.

Una questione di empatia

Di solito le missioni di Truth hounds durano una settimana. In quell’arco di tempo Amelina riesce a parlare con due o tre persone al giorno. A volte servono fino a sei ore per registrare una testimonianza. Spesso un incontro offre un indizio che porta all’intervista successiva, dando per esempio i nomi di amici, familiari e vicini arrestati o torturati.

Prima di raccogliere una testimonianza, i ricercatori devono assicurarsi che la vittima sia in condizioni psicologiche abbastanza stabili da poter rivivere il dolore. “Non parliamo con chi sta piangendo o è sull’orlo delle lacrime”, spiega. “È importante sforzarsi di capire cosa li faccia sentire meglio. Per esempio se hai di fronte una donna che ha perso un figlio ma ha ancora i nipoti, all’inizio è bene soffermarsi su di loro per un po’. A prescindere dalla tecnica che adotti, l’empatia è l’elemento fondamentale. Devi avere tutta la premura possibile, in modo che il tuo interlocutore esca rafforzato da quell’esperienza”.

Secondo la scrittrice non ci sono differenze sostanziali tra i crimini di guerra commessi a Charkiv, a Cherson o negli altri oblast del paese. I soldati russi non hanno mostrato esitazione nel ricorrere alla tortura e all’omicidio, prendendo di mira i civili di ogni tipo, compresi insegnanti, medici e autori per ragazzi. Non hanno risparmiato nemmeno i bambini.

Domande e risposte

L’impatto devastante dei crimini russi emerge non solo dalle testimonianze dei sopravvissuti, ma anche dall’aspetto dei territori ucraini che hanno subìto l’occupazione, segnati dalla violenza commessa dall’esercito di Mosca. Quando vogliono documentare la distruzione del patrimonio culturale ucraino (biblioteche, musei e altre istituzioni) i ricercatori non devono fare altro che guardarsi intorno.

Alcune organizzazioni consegnano ai ricercatori un questionario con domande prestabilite da rivolgere ai sopravvissuti, ma Amelina preferisce farne a meno. “Di solito cominciamo dall’inizio, dalla loro vita prima della guerra. Faccio domande come ‘Sei nato qui?’, ‘Da quanto vivi in Ucraina?’, ‘Per quanto tempo hai lavorato nella biblioteca?’, “Pensavi che ci sarebbe stata l’invasione?’, ‘Com’è stato il tuo primo incontro con l’esercito?’. Ma dipende dalla situazione, questi sono solo esempi. Quando ti capita di sentire una frase come ‘abbiamo visto i prigionieri di guerra morti’, allora cominci a scavare più in profondità”, aggiunge.

Secondo Amelina le domande successive dovrebbero sempre prevedere una risposta aperta. “Com’erano vestiti gli ufficiali dell’esercito russo?”, “Che aspetto avevano?”, “Come parlavano?”. Per i ricercatori è importante lasciare che i testimoni si esprimano liberamente, senza influenzare le loro risposte. “Cerchiamo solo la verità”, commenta la scrittrice.

Lavorare sul campo non è facile, ci sono tanti momenti di profonda commozione. Amelina ne ricorda uno, quando ha registrato la testimonianza di un uomo nell’oblast di Kherson. Mentre lui stava descrivendo le torture subite dopo essere stato rapito dalle forze russe, i suoi figli correvano attorno a lui ridendo e giocando. Amelina è rimasta sbalordita dalla capacità di quei bambini di trovare gioia e divertimento durante una guerra. Quando ha finito di registrare le parole dell’uomo, i bambini le si sono avvicinati. Amelina gli ha offerto delle caramelle e gli ha spiegato che il padre era un eroe. Sapeva bene che i bambini erano troppo piccoli per capire il significato di quella frase e che probabilmente non l’avrebbero ricordata. Eppure ha sentito che era importante pronunciarle, per i genitori. “L’ho detto soprattutto per farmi sentire dalla madre e dal padre”, racconta.

Ma ci sono anche persone che hanno paura di parlare con i volontari. Un sopravvissuto ha accettato di raccontare la sua esperienza, ma poi si è rifiutato di firmare la liberatoria che avrebbe consentito di trasmettere la sua testimonianza alle forze dell’ordine ucraine e alla Corte penale internazionale, o anche soltanto d’inserirla negli archivi storici. “In quei momenti mi sento sconfitta”, racconta Amelina. “Mi sembra di non essere stata capace di aiutare quelle persone ad avere giustizia”.

L’attività di ricerca sui crimini di guerra può essere difficile, faticosa e a volte sconvolgente, ma Amelina è convinta che alla fine i criminali di guerra russi saranno processati. “È una condizione essenziale per raggiungere una pace duratura, per permettere ai sopravvissuti di superare i traumi e per completare la trasformazione democratica del paese. Nel frattempo dobbiamo restare in salute e vivere abbastanza a lungo da assistere ai processi”.

Cultura sotto attacco

Amelina non ha sospeso del tutto la sua attività letteraria. Continua a scrivere e ogni tanto partecipa a festival all’estero. Gli autori ucraini sanno che è fondamentale continuare a promuovere la loro cultura, perché la Russia sta cercando in ogni modo di cancellarla attraverso la distruzione, il rogo dei libri, il furto di opere dal valore inestimabile dai musei o l’imposizione di un curriculum scolastico russo nei territori occupati.

Amelina ammette che all’inizio è stato difficile passare da giornate in cui scopriva le camere di tortura nei territori liberati ad altre in cui, magari subito dopo, si trovava a parlare di fronte a una platea di lettori curiosi. A volte perfino passeggiare nelle città estere le provocava uno strano disagio. “Nenche quando sono a Londra o Berlino riesco a smettere di pensare che è meglio stare sul cemento ed evitare di camminare sull’erba, perché potrebbero esserci delle mine”, racconta.

Agli eventi internazionali, molti stranieri le chiedono come faccia a reggere il peso di una guerra apparentemente senza fine. “Rispondo che sono loro ad aiutarmi, perché mi ascoltano”, spiega.

I crimini di guerra sono molto lontani dalla prosa e dalla poesia rigogliose per cui è conosciuta Amelina. Oggi, quando parla con i sopravvissuti dell’occupazione russa, la scrittrice è guidata unicamente dalla necessità di documentare i fatti. Ma la sua arte ha sempre evidenziato un profondo senso di empatia, e forse è questo che la rende particolarmente adatta ad aiutare i sopravvissuti, a dar loro una voce.

Com’è successo alla maggior parte degli autori in Ucraina negli ultimi nove anni, la guerra scatenata da Mosca è penetrata nella scrittura di Amelina. In questo momento sta lavorando a un saggio sull’attività instancabile di giornalisti, attivisti, avvocati e volontari che documentano i crimini di guerra russi. “Oggi è impossibile scrivere di qualsiasi cosa che non sia la guerra”, spiega. “Davvero, non possiamo fare nient’altro”. ◆ as

Biografia

1986 Nasce a Leopoli, in Ucraina.
2000 Si trasferisce in Canada insieme alla famiglia, ma in seguito torna nel suo paese d’origine.
2015 Esce il suo primo libro, Syndrom lystopadu, abo homo compatiens (Syndrom lystopadu, sono un uomo compassionevole).
2017 Pubblica un libro per bambini, Chtos, abo vodjane sertse (Chtos, o cuore d’acqua).
2021 Vince il Joseph Conrad literary award, un premio letterario fondato dall’istituto polacco a Kiev.


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Questo articolo è uscito sul numero 1516 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati