Se avete parenti o amici che si trovano in casa di riposo o siete voi stessi ospiti di una di queste strutture, probabilmente ne conoscete bene la realtà. Di solito i residenti stanno seduti in poltrona davanti alla tv, in ambienti che ricordano un ospedale. A volte gli edifici sono vecchie case riconvertite in modo discutibile, mentre altre volte sono nuove strutture costruite però risparmiando sui costi. Anche quando il personale s’impegna al massimo per garantire il benessere degli ospiti è difficile sfuggire all’isolamento o all’abbandono.

In effetti è un problema che riguarda tutta la società. Ma è anche un campo in cui l’architettura ha un ruolo importante: l’ambiente può migliorare o peggiorare la condizione dei pazienti. Eseguita correttamente la progettazione può rendere meno stressante e più efficace la cura delle persone anziane.

Gli ospizi del futuro

Per gli architetti pensare spazi per gli anziani e le persone affette da malattie legate all’età, come la demenza, è un’occasione per contribuire allo sviluppo della società. Da questo slancio nascono progetti come il John Morden centre di Black­heath, nel sudest di Londra, un centro diurno per i residenti di una comunità di pensionati progettato dallo studio Mae Architects e vincitore del premio Stirling nel 2023; o l’Appleby Blue, nella vicina Bermondsey, un “ospizio del ventunesimo secolo” ideato da Witherford Watson Mann. In entrambi i casi gli architetti si sono impegnati per inserire elementi salutari come una buona illuminazione diurna, una forte continuità con l’esterno e tra le diverse parti dell’edificio, l’uso di materiali naturali e piacevoli.

Il Village Landais Alzheimer, alla periferia di Dax, nel sudovest della Francia, nasce dal tentativo di “restituire una vita vera alle persone affette da alzheimer, creando le condizioni affinché non restino chiuse in una stanza aspettando la morte”, spiega un dipendente. L’ispirazione è stato il villaggio di Hogeweyk per persone affette da demenza, inaugurato nel 2009 nei Paesi Bassi e pensato come un piccolo borgo. Anche nel progetto di Dax l’idea è ricreare le dinamiche di una comunità tradizionale realizzando un’architettura familiare e immediata: una piazza circondata da portici con un ristorante, una biblioteca e altre strutture ricettive, quattro raggruppamenti di case, e intorno un apprezzabile spazio verde.

La struttura può accogliere 108 residenti (che pagano duemila euro al mese, ma ci sono convenzioni con la previdenza sociale) più dodici ospiti diurni, assistiti da circa 12o dipendenti e ottanta volontari. È stata disegnata dallo studio danese Nord con gli architetti locali Champagnat & Grégoire.

Village Landais, inaugurato nel 2020, vuole offrire la massima libertà agli “abitanti”, come vengono chiamati gli ospiti dal personale. Possono sfruttare pienamente gli spazi aperti, fare visita ai vicini, andare al ristorante, assistere a uno spettacolo nell’auditorium, prendersi cura degli animali e coltivare un piccolo orto.

Village Landais, novembre 2023 (Philippe Lopez, Afp/Getty)

All’interno di ogni “quartiere” si trovano le “case”, ognuna dotata di camere private e di un’area comune, oltre a una cucina gestita dal personale. Attraverso grandi vetrate si possono osservare i cortili, che creano un senso di comunità con le altre case e danno l’idea di un flusso tra i diversi spazi. I percorsi all’interno del villaggio sono circolari, perché spesso chi soffre di alzheimer va in confusione davanti a un vicolo cieco, e riportano sempre al centro del villaggio.

Molti dettagli sono pensati per attenuare gli effetti della malattia. La pavimentazione, per esempio, è di colore beige uniforme, perché i contrasti forti possono turbare. Gli specchi, un altro elemento potenzialmente destabilizzante, possono essere rapidamente coperti. Anche l’illuminazione è usata per indirizzare i residenti verso percorsi prestabiliti. Le maniglie di colore chiaro sono abbinate a sfondi scuri, mentre gli accessi alle aree di servizio si notano appena. “Le persone affette da alzheimer sono più curiose della media, perché si ‘perdono’ continuamente”, spiega Mathilde Charon-Burnel, che gestisce i progetti sociali per la regione. Per questo le zone riservate al personale sono poco visibili. “La segnaletica è ridotta al minimo”, spiega Morten Rask Gregersen, dello studio Nord. “Le persone vedono dove andare senza bisogno di leggere un cartello”.

Nel centro ci sono anche un finto negozio in cui i residenti possono “comprare” prodotti (che non pagano) e un finto scompartimento di un vagone ferroviario, con schermi al posto delle finestre che mostrano un panorama che scorre. I terapeuti lo usano per far credere ai pazienti di essere in viaggio. Questi stratagemmi non creano confusione, ma calmano e rassicurano i pazienti.

Rallentare il declino

Il progetto di Dax e quelli di Blackheath e Bermondsey sono comunque abbastanza diversi. L’ultimo è una residenza protetta che offre agli ospiti più libertà di quella che sarebbe possibile in un centro per malati di alzheimer.

In ogni caso tutte le strutture condividono l’intenzione di rispettare l’individualità e la dignità di chi le occupa, un riconoscimento del fatto che gli anziani continuano a essere le persone che erano da giovani. Della stessa categoria fa parte la Bankhouse di Vauxhall, a sud di Londra, gestita dall’associazione Tonic. La Bankhouse è una comunità per anziani dedicata alle persone lgbt, ospitata in un edificio sulla riva di un fiume e progettata dallo studio Foster + Partners. Qui i residenti occupano non solo le unità abitative ma anche aree condivise (aule per corsi di arte, un bar, un giardino pensile) che contribuiscono a rafforzare il senso di comunità.

L’aspetto cruciale è che questi progetti sembrano funzionare. A Dax gli ospiti paiono allegri, impegnati e rilassati. Charon-Burnel mi ha spiegato che riducendo l’ansia diminuiscono i problemi comportamentali, e questo facilita il lavoro del personale. Su un piano più scientifico, varie ricerche indipendenti hanno riscontrato che tra i residenti di Dax gli indicatori del declino cognitivo e della depressione sono migliori rispetto a quelli riscontrati in altre case di riposo.

La sfida più difficile riguarda la portata del fenomeno. Il numero di persone affette da alzheimer in Francia si aggira intorno al milione, per non parlare delle altre forme di demenza. Per avere un reale impatto servirebbero molti progetti come questi. Ma i princìpi dell’attenzione all’individuo possono comunque essere adottati anche in situazioni più ordinarie. Perché mai non dovremmo volere luoghi più allegri e sani per le persone che si avvicinano alla fine della vita? Del resto un giorno toccherà a noi. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1550 di Internazionale, a pagina 74. Compra questo numero | Abbonati