La guerra può essere pianificata. È facile a dirsi, ma purtroppo vale solo finché non viene sparato il primo colpo. Dopo, tutto è molto diverso. Per quanto geniale, nessuno stratega può avere la certezza di come andranno le cose. Esperti di teoria e pratica della guerra come Carl von Clausewitz e Helmuth von Moltke hanno ricordato che “nessun piano sopravvive al contatto con il nemico”.

Anche il presidente russo Vladimir Putin ha dovuto impararlo: la sua idea d’invasione dell’Ucraina, con i paracadutisti che dovevano sfilare per le strade di Kiev in uniforme da parata nel giro di una settimana, è andata in frantumi appena il primo carro armato ha superato il confine. Ora, a sedici mesi dall’inizio del conflitto, l’esercito di Putin aspetta una controffensiva ucraina su un fronte di mille chilometri.

Non era scontato prevedere che la diga di Nova Kachovka sarebbe stata distrutta, e resta ancora da capire chi sia il responsabile. Dalle macerie della diga sul Dnepr enormi masse d’acqua si sono riversate in una pianura che si estende dalla città di Cherson alla penisola di Crimea. Così il campo di battaglia è cambiato. L’Ucraina meridionale allagata è un terreno che diventa quasi impraticabile per carri armati e pezzi d’artiglieria. Questo fa pensare che siano stati i russi a far saltare la diga. Se gli ucraini stavano progettando di attraversare il Dnepr per entrare in Crimea o isolarla dagli altri territori occupati dalla Russia, ora è difficile che ci riescano. Oppure sono stati gli ucraini, per interrompere la fornitura d’acqua alla Crimea e fare pressione sul Cremlino?

Queste speculazioni sono irrilevanti da una prospettiva politica. Ciò che conta è l’escalation. Usare una diga come arma rende la guerra in Ucraina ancora più pericolosa. Dovrebbero rifletterci quelli che credono che il conflitto sia una questione di numeri: carri armati Leopard, lanciarazzi Himars o aerei F16. Per questi teorici militari tutto è calcolabile, e si può dare per scontato che l’Ucraina vincerà la guerra se riceverà armi a sufficienza.

La distruzione della diga invece dimostra che una delle parti in conflitto può inaspettatamente ricorrere a mezzi che rendono irrilevante qualsiasi calcolo. Se sono state le truppe russe a farlo, nulla esclude che di fronte alla possibilità di una sconfitta Putin possa anche ricordarsi delle sue armi nucleari tattiche. Anche se all’inizio della guerra non aveva mai pensato di usarle e nessuno lo credeva capace di farlo. ◆ nv

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Questo articolo è uscito sul numero 1515 di Internazionale, a pagina 21. Compra questo numero | Abbonati