24 ottobre 2017 11:20

Non è chiaro se “antisistema” è una brutta parola. Di certo, associata a “partiti” suona maluccio. Infatti quando uno dice o scrive “partiti antisistema”, le vibrazioni negative sono d’obbligo come nei fumetti intorno a un oggetto letale.

Conseguenza: perfino le formazioni politiche classificate a quel modo, anche se il sistema le disgusta, preferiscono definirsi critiche, antagoniste, ma antisistema no. Lo stesso accade ai partiti che, accusando i loro avversari di essere antisistema, dovrebbero definirsi orgogliosamente filosistema. Bene, per quanto si cerchi in giornali e riviste, questa definizione non la usa nessuno. Le forze che logica vorrebbe felici di dirsi filosistema preferiscono considerarsi riformiste. Se ne deduce che il sistema deve essere un oggetto assai misterioso che nessuno più vuole scopertamente abbattere e nessuno scopertamente difendere. Lo si lascia, dunque, a incarognire e incancrenire per il pianeta, sia che a gestirlo siano da decenni – e come potrebbe essere altrimenti – i partiti devotamente filosistema, sia che ci mettano le mani gli antisistema.

Fatto è che assegniamo alla servitù solerte o corrotta dei politici un ruolo che da tempo non ha più, e intanto, contro le incorreggibili nefandezze strutturali del sistema, non facciamo niente che sia antisistema. Forse è in questo abbaglio il nocciolo dei nostri affanni quotidiani.

Questa rubrica è stata pubblicata il 20 ottobre 2017 a pagina 16 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it