L’assemblea nazionale francese ha approvato la controversa legge sull’intelligence: 438 deputati hanno votato a favore, 83 contro e 42 si sono astenuti. La legge è stata accolta da una marea di critiche su Twitter, dove molti l’hanno definita il nuovo Grande fratello.

Il testo, concepito in seguito agli attentati di Parigi del 7 gennaio, punta a istituire delle norme che regolino l’intercettazione delle comunicazioni da parte dei servizi di intelligence e a rendere legali alcuni metodi che non lo erano fino a oggi.

La legge è osteggiata dalle organizzazioni della società civile a causa dell’assenza di controllo democratico su alcune procedure e del carattere intrusivo delle tecniche di controllo che vengono autorizzate, al punto che alcune l’hanno accusata di essere “un Patriot act alla francese”. Criticato anche l’iter parlamentare accelerato, scelto dal governo per approvare il provvedimento, che limita le discussioni in parlamento.
Anche la formulazione piuttosto vaga dell’ambito di applicazione – che va dalla prevenzione del terrorismo agli “interessi superiori della politica estera”, fino alla prevenzione della “delinquenza e della criminalità organizzata” – ha suscitato molte riserve. Secondo alcuni, potrebbe essere usata per sorvegliare attivisti politici o normali manifestanti.

Il governo sostiene che le critiche sono dovute a numerosi “malintesi”, “fantasie e attese sproporzionate” e ha pubblicato un “vero/falso” sulla legge, che i fact checker di Le Monde sono andati a spulciare.

Il controllo sull’operato dei servizi di intelligence verrà affidato a una commissione nazionale formata da giudici del consiglio di stato e della cassazione, da sei deputati e senatori e da un esperto indipendente. La commissione dovrà dare il suo parere prima di ogni operazione di sorveglianza mirata, ma, in caso di “urgenza assoluta” non meglio precisata, gli agenti potranno farne a meno, ma dovranno avere il via libera del primo ministro. Inoltre, il capo dei servizi di intelligence potrà autorizzare un dispositivo di sorveglianza in alcuni casi specifici e purché non siano coinvolti né giornalisti, né parlamentari o avvocati. Reporter senza frontiere ritiene però che la legge costituisca “una minaccia per i giornalisti”, e in particolare per la sicurezza delle fonti.

Altro aspetto controverso è quello che riguarda le cosiddette “scatole nere”, la possibilità cioè per i servizi di imporre ai fornitori di accesso a internet di “rilevare una minaccia terroristica sulla base di un trattamento automatico” – cioè di monitorare i metadati (origine e destinatari dei messaggi, indirizzi IP dei siti visitati, durata delle comunicazioni o della connessione) delle comunicazioni di un utente il cui comportamento online sia simile a quello usato dai terroristi per trasmettere informazioni. Questo tipo di sorveglianza, che riguarda potenzialmente tutti i francesi, è autorizzata direttamente dal primo ministro per periodi di quattro mesi. I dati non verranno conservati, ha sottolineato il governo, ma, osservano i critici, si tratta di una sorta di “pesca a strascico”, nella quale si fa pesare una minaccia potenzialmente su tutti gli utenti e senza alcuna garanzia sul fatto che i dati rimangano anonimi.

Per questo la legge è stata accusata di mettere in piedi un meccanismo predittivo simile a quello immaginato da Philip K. Dick e girato da Steven Spielberg nel film Minority Report, in cui la polizia si serve delle “visioni” di alcuni mutanti per impedire che dei reati vengano commessi. Così, l’esame dei metadati dovrebbe consentire ai servizi di intelligence di anticipare il passaggio all’azione dei potenziali terroristi.

Il testo prevede anche la legalizzazione dei cosiddetti IMSI-catcher, dei dispositivi che consentono di intercettare le conversazioni tra telefoni cellulari e che possono essere usati per ascoltare in modo indiscriminato tutte le conversazioni che si svolgono in una data area.

La legge prevede infine, ed è uno dei pochi aspetti apprezzati dai suoi critici, una forma di protezione per i whistleblower interni, gli agenti dei servizi che denunciassero dei casi di abusi.

E proprio da uno dei più noti whistleblower, Edward Snowden, è arrivata la critica più secca alla legge. L’uomo che ha rivelato lo spionaggio compiuto dalla Nsa su milioni di persone ha dichiarato di recente che “i politici pensano che la legge francese sull’intelligence sia politicamente necessaria perché sono convinti di dover agire. La sorveglianza di massa esiste già in Francia e non ha impedito l’attacco contro Charlie Hebdo. Sappiamo ormai che la sorveglianza di massa non è efficace; non ha mai davvero fatto la differenza. Il pericolo è che i governi possano abusare dei sistemi di sorveglianza, anche nelle società democratiche. La legge francese sull’intelligence non aumenta la sicurezza, ma la sorveglianza. Saremo meno liberi e non saremo più sicuri. A che serve essere completamente sicuri se non si è completamente liberi?”.

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