02 febbraio 2012 00:00

1. Daise Bi, Là-bas

Non cotone e South Carolina ma pomodori e Basilicata, quattro euro per raccoglierne una cassa da 300 kg, tra campagne riarse e sistemazioni in casolari inghiottiti dalla polvere: ragazzi fuggiti dall’Africa e prigionieri dell’Europa, braccianti abusati dal Burkina Faso a Boreano 2, provincia di Potenza. Sbucata da YouTube (canale Filmdiscaunt), storia vecchia come quella del blues che diventa rap, loop di batteria e l’energia di un narratore (in francese e poco italiano), studente in Emilia-Romagna con esperienza di schiavo: “Fiston, c’est pas le paradis!”.

2. Giua + Corsi (feat. Anita Macchiavello), Beuga bugagna

“Martin o l’è andæto in Spagna”, quel santo emigrato nell’antica dolceamara filastrocca genovese con quella parlata di pane e di pesce, rispolverata con tenerezza (e voce di nonna di lettere) su TrE, album congiunto della cantante Giua (che da lì viene) con il suo maestro di chitarra. Niente affatto taccagno, pieno di bella scrittura e canzoni leggere e colte e semplici, chitarre a duetti e ospiti colti (l’organetto di Riccardo Tesi o il violoncello di Jaques Morelenbaum) e due Volver e questo finale da mettere in bottiglia.

3. ‘A67 (feat. Zulu), Povera vita mia

London calling alla napoletana ‘e sti quatt’ fetient’ colla band che si candida capolista del ruggito partenopeo con un Naples power, album-kolossal in cui sono riusciti a mettere insieme da Edoardo Bennato a Roberto Saviano (per il libretto), e da Stop bajon (canzone-cult di questa rubrica) fino alla gomorroica ‘A camorra songh’io. Una cartolina panoramica dall’epicentro degli orrori e dei talenti musicali d’Italia, cape toste e groove da viecchie, mugliere, muorte e criature (sax niro niro di James Senese); summa vesuviana con l’eco della rabbia e del ritmo.

Internazionale, numero 934, 3 febbraio 2012

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