11 settembre 2019 15:24

1. Le Feste Antonacci, Sigarette
Che sia la canzone giusta per smettere? Una sorta di “cura Ludovico”, tipo Arancia meccanica: una marcetta feelbad costruita su dissonanze e arrangiamenti urticanti, trombe stonate per andare all’attacco in quella che ancora è una guerra individuale di molti contro la propria salute. Sette minuti di disagio. C’è il tempo per smorzare quel sorriso compiaciuto che induce la lettura del nome di questo duo formato da italiani espatriati in Francia, un po’ attratti dalle risacche dell’italodisco ma poi deviati verso qualcosa di più inquietante, e interessante.

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2. The Cleopatras, Onigiri head
Intanto, il vizio ben più innocuo dell’onigiri (l’equivalente giapponese del tramezzino, un triangolo a base di riso, alga e spesso tonno o salmone) si becca il trattamento alla My Sharona da parte della formazione punk toscana. Militanti on the road dal 1998, ma ultimamente rimaneggiate con una nuova frontwoman cantante e tastierista, che nell’ep che prende il titolo da questo pezzo si cimenta anche con dei classiconi anni ottanta: l’immarcescibile Amoureux solitaires della cantante pop belga Lio e il rock’n’roll robot di Alberto Camerini.

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3. Bibi Ahmed, Sef-Afrikia
Ormai rischia di raschiare il fondo del barile questa musica desertica, ballata tuareg, una chitarra e uno che si lagna di fatti universali raccontati in qualche dialetto del Mali o del Niger da un giovane talento che è riuscito a raggiungere Parigi o Monaco di Baviera. Eppure c’è un impatto emotivo nella musica sahariana, una propensione a spezzare il cuore. E pazienza se un blues africano, prodotto derivato delle zone indigenti del mondo, causa un senso di piacere a noi, che contempliamo i tramonti della nostra civiltà da un bar sopra gli scogli.

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Questo articolo è uscito sul numero 1323 di Internazionale. Compra questo numero|Abbonati

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