11 agosto 2015 16:57

La Grecia e i suoi creditori hanno trovato un accordo sulle riforme che il paese deve varare per ricevere un prestito di 86 miliardi, necessario per restare solvente e per cercare di riavviare l’economia. Tanto le riforme quanto il prestito sono scaglionati in tre anni, cioè fino al 2018. Si tratta del terzo piano di salvataggio concordato tra Atene e Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale, Commissione europea e Meccanismo di stabilità europeo (Esm, il fondo salvastati), che hanno già prestato al paese 240 miliardi di euro dal 2010. Il nuovo programma è contenuto in un documento in cui si elencano 35 misure che Atene si impegna ad attuare e viene spiegato come e in che momenti le istituzioni creditrici erogheranno i fondi. Ecco i punti salienti.

L’accordo tecnico

  • Gli obiettivi di bilancio che Atene dovrà rispettare sono meno severi rispetto a quelli pretesi nelle precedenti trattative, ma limitano comunque il ricorso al deficit da parte della Grecia, fattore che preoccupava i creditori. Atene dovrà registare nel 2015 un deficit primario (saldo di bilancio, esclusi i pagamenti del debito) pari allo 0,25 per cento del pil, un avanzo primario dello 0,5 per cento del pil nel 2016, dell’1,75 per cento nel 2017 e del 3,5 per cento nel 2018.
  • Aumento di tasse per le aziende mercantili a seconda della stazza delle navi da cargo.
  • Dalla fine del 2016, eliminazione delle agevolazioni fiscali per le isole (hanno uno sconto del 30 per cento sull’iva).
  • Abolizione anche delle agevolazioni fiscali per i carburanti a uso agricolo.
  • Revisione del sistema di previdenza sociale.
  • Abolizione graduale delle pensioni anticipate.
  • Rafforzamento del personale dell’unità di polizia per i crimini finanziari (Sdoe), l’equivalente della guardia di finanza italiana. L’obiettivo è quello di ridurre l’evasione fiscale intensificando i controlli.
  • Riduzione dei prezzi dei farmaci generici.
  • Deregolamentazione del mercato dell’energia e l’attuazione del programma di privatizzazioni già avviato dal precedente governo.
  • La creazione di un fondo di garanzia per 50 miliardi.

Il fondo di garanzia è il punto più controverso già anticipato nell’accordo firmato il 13 luglio a Bruxelles da Alexis Tsipras per ottenere un prestito ponte di sette miliardi.

Si tratta di un deposito che sarà creato ad Atene (e non a Lussemburgo come chiedevano i creditori per controllarlo meglio) in cui il governo greco deve registrare alcuni beni pubblici che potrebbero essere privatizzati da adesso al 2045.

Per esempio, entreranno nel deposito imprese statali come l’autorità portuale del Pireo (la società pubblica che gestisce il porto più grande del paese), infrastrutture pubbliche come porti e aeroporti e poi beni immobili. Potrebbe essere compreso anche lo sfruttamento di miniere e giacimenti di idrocarburi.

Il fatto che questi beni statali entrino nel fondo di garanzia non vuole dire che Atene è costretta dai creditori a vendere le sue risorse mobili e immobili. Secondo El País, che dice di aver consultato in esclusiva il testo che istituisce questo fondo di garanzia, non si tratta di un elenco di beni da mettere in vendita, ma di beni che devono cominciare a fruttare allo stato entrate pari ai 50 miliardi richiesti. Come guadagnare dallo sfruttamento di porti o di monumenti dovrà deciderlo Atene. Alcuni beni certo potranno essere venduti. Ma su altri si potrebbe concedere la gestione a privati o immaginare un pedaggio per ogni container che attracca al porto.

L’accordo politico

L’accordo è stato annunciato dal ministro delle finanze di Atene Euclides Tsakalotos. La Commissione europea – praticamente l’esecutivo dell’Unione – ha confermato la notizia, ma l’ha sfumata: “Finora abbiamo un accordo tecnico e alcuni dettagli si devono ancora definire. Non c’è ancora un accordo politico”, ha detto in conferenza stampa Annika Breidthardt, portavoce per gli affari economici della Commissione.

La precisazione è dovuta al fatto che l’accordo di 27 pagine è stato messo a punto dopo ore di riunione tra i tecnici delle istituzioni creditrici e i delegati del governo greco. Ora devono essere i politici, di entrambe le parti, ad avallare l’intesa.

Manca infatti l’avallo dell’eurogruppo e dei parlamenti nazionali di alcuni paesi dell’Unione, tra cui quello greco. Ecco le tappe.

  • Il governo di Alexis Tsipras ha riassunto l’accordo in un disegno di legge diviso in due articoli: uno specifica i tempi dei prestiti e l’altro imposta le riforme che la Grecia deve trasformare in legge. Le commissioni della camera analizzeranno il disegno di legge mercoledì. Giovedì l’aula deve votarlo. I numeri per l’approvazione non dovrebbero mancare.
  • Venerdì dovrebbe essere convocato un eurogruppo: la riunione dei ministri delle finanze dei 19 paesi della zona euro deve approvare all’unanimità l’intesa perché sia valida e applicata.
  • Manca poi l’autorizzazione dei parlamenti degli otto paesi dell’Unione europea le cui leggi obbligano l’assemblea nazionale a ratificare le decisioni comunitarie in materia economica. Tra questi, particolarmente importante è il voto tedesco. Infatti la Germania è uno dei paesi che ha prestato più fondi alla Grecia e molte delle forze politiche di Berlino sono contrarie alla concessione di nuovi prestiti.
  • Se tutto va bene, Atene riceverà entro fine mese una prima parte dei fondi concordati: 25 miliardi di euro, di cui circa la metà servirà a pagare gli interessi su prestiti precedenti. Il 20 agosto, Atene deve versare alla Banca centrale europea 3,5 miliardi di euro.

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