08 ottobre 2015 15:18

L’organizzazione umanitaria Medici senza frontiere (Msf) ha accusato gli Stati Uniti e le truppe della Nato di aver commesso un crimine di guerra a Kunduz, in Afghanistan, nel bombardamento dell’ospedale di Msf, dove si trovavano circa 180 persone, uccidendone 22.

Medici senza frontiere accusano gli Stati Uniti di aver violato la Convenzione di Ginevra e chiedono un’inchiesta indipendente sull’accaduto. Washington ha chiesto scusa per quello che ha definito “un errore”. Ma qual è il quadro giuridico internazionale a cui Msf fa appello? Che leggi tutelano gli ospedali anche in zone di conflitto? E che speranze ci sono che l’organizzazione umanitaria ottenga l’istituzione di una commissione d’inchiesta indipendente? Lo abbiamo chiesto al giurista Gabriele Della Morte, professore di diritto internazionale all’università cattolica di Milano.

Medici senza frontiere (Msf) chiede l’istituzione di una commissione d’inchiesta indipendente. Sulla base di quale norma internazionale?

La commissione d’inchiesta indipendente (Fact-finding commission) è uno strumento previsto all’interno delle convezioni di Ginevra, nell’articolo 90 del primo protocollo addizionale del 1977. Oggi gli stati che hanno accettato la competenza di questa commissione sono 75. La giurisdizione, la capacità di dirimere una controversia al livello internazionale, ha una natura di carattere consensuale. Il che significa che se uno stato chiede a un giudice di interessarsi di una controversia con un altro stato, in realtà entrambi gli stati devono riconoscere l’autorità del giudice, questo è vero anche per la commissione d’inchiesta indipendente che deve solo accertare i fatti. Ma in questo caso, il problema è che né gli Stati Uniti, né l’Afghanistan sono nella lista dei 75 paesi che riconoscono l’autorità della commissione d’inchiesta indipendente. C’è un problema di tipo procedurale per cui occorrerebbe che un altro stato, tra quelli che ne hanno accettato la competenza, ne chiedesse l’attivazione, però è molto raro che gli stati che non sono coinvolti chiedano l’attivazione della commissione.

Che altre possibilità ci sono di istituire una commissione d’inchiesta indipendente sul bombardamento dell’ospedale di Kunduz?

Nel passato ci sono state altre esperienze della creazione di commissioni di accertamento dei fatti ad hoc, al di là di quella istituita dall’articolo 90 del primo protocollo addizionale della convenzione di Ginevra. Queste commissioni sono spesso state create dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che è l’organo di governo della comunità internazionale. Il Consiglio di sicurezza è costituito da quindici membri, dieci ruotano ogni due anni e cinque sono membri permanenti, i vincitori della seconda guerra mondiale (Stati Uniti, Russia, Cina, Regno Unito e Francia). I cinque membri hanno il potere di porre il veto e di non fare adottare delle risoluzioni, quindi è chiaro che se gli Stati Uniti sono implicati in una determinata violazione, grave come questa in cui i suoi soldati sono accusati di aver commesso un crimine di guerra, è chiaro che metteranno il veto. È difficile immaginare che non mettano il veto. A me questa strada della commissione di accertamento ad hoc sembra impraticabile.

Che crimine commette chi attacca un ospedale? E c’è una strada per accertare i fatti di Kunduz in maniera indipendente?

Un’altra strada potrebbe essere quella della Corte penale internazionale. Sulla base di quello che sappiamo: gli operatori di Msf avevano comunicato le coordinate dell’ospedale, gli Stati Uniti non hanno rispettato le indicazioni ricevute e hanno bombardato un ospedale uccidendo 22 persone. Se tutto quello che sappiamo è accertato o è accertabile, siamo di fronte a un crimine di guerra. Sia sotto il profilo dell’omicidio, sia sotto il profilo della mancata protezione dei civili, in particolare delle strutture sanitarie. Ci sono due articoli nello statuto della Corte penale internazionale relativi ai crimini di guerra: l’articolo 8.1.b e poi l’articolo 8.2.e, terzo subcomma, dedicati ai conflitti internazionali, i quali dicono che dirigere intenzionalmente degli attacchi contro edifici materiali, personale, unità e mezzi di trasporto sanitari è un crimine di guerra.

Come si fa ad attivare la Corte penale internazionale?

Per portare questo crimine all’attenzione di un giudice della Corte penale internazionale ci sono due modi. Uno è una sorta di motore di emergenza che funziona sempre e comunque: il Consiglio di sicurezza dell’Onu può decidere di adottare una risoluzione sulla base del capitolo 7 della carta delle Nazioni Unite. E sulla base di questa risoluzione delega il procuratore della Corte penale internazionale ad aprire un’inchiesta. Questo tipo di opzione si arena sullo stesso ostacolo che abbiamo esaminato in precedenza. Cioè gli Stati Uniti potrebbero usare lo strumento del veto per fermare questo tipo di risoluzione in seno al Consiglio di sicurezza. Quindi la strada eccezionale è difficilmente percorribile. Resta la strada ordinaria che si fonda su un compromesso, elaborato nel 1998, che prevede l’uso di due criteri. Si chiamano condizioni per l’esercizio dell’azione penale. Si tratta dei criteri della nazionalità e della territorialità, ovvero il territorio in cui il crimine è stato compiuto materialmente e la nazionalità dell’autore del crimine. Tra gli stati che hanno firmato il trattato di costituzione della Corte penale internazionale c’è l’Afghanistan, ma non ci sono gli Stati Uniti. Gli Stati Uniti sono dei fieri oppositori della Corte penale internazionale, però l’Afghanistan ha ratificato il trattato sulla Corte penale internazionale nel 2003. Le forze internazionali che operano in Afghanistan, cioè la Nato, ci hanno detto in un documento ufficiale che in Afghanistan a oggi sono state uccise 13mila persone nel conflitto. Sulla base di queste considerazioni, il procuratore della Corte penale internazionale era già stato investito di decine e decine di informazioni relative ai reati commessi durante il conflitto nel paese. Il procuratore sta già esaminando in una fase preliminare questi fatti, se deciderà che ci sono elementi per procedere, aprirà un’inchiesta. Ma i tempi sono elefantiaci.

Che peso ha il fatto che gli Stati Uniti non riconoscono la Corte penale internazionale?

Un peso enorme, in primo luogo politico. Gli Stati Uniti, che non riconoscono la Corte penale internazionale, già in passato hanno sottoscritto degli accordi bilaterali con i diversi stati per esentarsi dal giudizio della Corte. Hanno usato la loro influenza al livello politico, per forzare, anche molto, le regole di adesione della Corte. Quello che farei oggi se fossi nei panni di un’organizzazione internazionale, come Medici senza frontiere, è mettermi al lavoro per raccogliere tutte le informazioni disponibili su quello che è successo. I nomi delle vittime, le circostanze della morte, gli orari dei bombardamenti. Collezionerei un libro bianco quanto più dettagliato possibile sul bombardamento e lo manderei ai mezzi d’informazione e poi al procuratore della Corte penale internazionale.

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