07 marzo 2016 18:21

I 28 leader politici dell’Unione europea insieme con il premier turco Ahmet Davutoğlu stanno discutendo a Bruxelles su un piano che prevede che Ankara accetti di riprendere sul suo territorio i migranti e i profughi che si trovano sulla rotta balcanica, entro quattordici giorni dal loro arrivo in Grecia. Tra questi anche i profughi siriani, in fuga dalla guerra nel loro paese. Se questo accordo entrerà in vigore, i 28 paesi dell’Unione europea riapriranno le frontiere interne e ripristineranno gli accordi di Schengen.

Cosa prevede la bozza dell’accordo:

  • I migranti e i profughi sulla rotta balcanica saranno rimandati in Turchia. Tra questi anche i profughi siriani, anche quelli che hanno fatto domanda di asilo in Grecia. Verrà stabilita una data di ingresso dei profughi in Grecia che servirà per decidere chi ha il diritto di restare e chi invece sarà riportato in Turchia.
  • I profughi e i migranti saranno trasferiti dalle isole greche alla Turchia.
  • I mezzi navali turchi, insieme a quelli di Frontex e a quelli della Nato si occuperanno di pattugliare il mar Egeo e riporteranno in Turchia tutti i migranti e i profughi soccorsi.
  • Il premier turco Ahmet Davutoğlu chiede agli europei tre miliardi di euro in più rispetto a quelli già promessi nel novembre del 2015 dai leader europei (tre miliardi di euro). In tutto quindi la Turchia riceverà sei miliardi di euro per gestire i campi profughi nel suo territorio e affrontare l’afflusso di profughi siriani. Diverse fonti dicono che da tempo la Turchia chiede tre miliardi di euro all’anno per gestire la crisi dei profughi siriani.
  • La Turchia chiede anche la liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi a partire dal 1 giugno di quest’anno. Entro ottobre potrebbe non essere più necessario per i turchi chiedere un visto per entrare nell’Unione europea.
  • Ankara chiede che l’Europa metta in piedi un corridoio umanitario per i siriani: per ogni siriano sulla rotta balcanica che la Turchia si riprenderà, l’Unione europea ne ammetterà uno sul suo territorio con un visto umanitario.

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