06 maggio 2016 11:14

L’ultima volta che il Partito dei lavoratori al potere in Corea del Nord ha tenuto un congresso è stata nel 1980, quando l’attuale leader, Kim Jong-un, non era neppure nato. Il principale scopo dell’incontro era di formalizzare il passaggio da una dittatura tradizionale di stampo marxista-leninista a una di tipo dinastico. Il padre di Kim Jong-un, Kim Jong-il, venne designato come erede da suo padre, Kim Il-sung.

Il Kim più anziano, Kim Il-sung, è morto nel 1994, ma perfino da morto è rimasto il “presidente eterno” del paese. Nel frattempo, la dottrina del partito ha accantonato Marx, Lenin e tutto il resto a favore dell’ideologia elaborata da Kim Il-sung in persona, definita juche, o autonomia.

Kim Jong-il ha governato fino alla morte, avvenuta nel dicembre del 2011, senza mai convocare un congresso di partito. E tuttavia suo figlio si prepara a presiederne uno, il cui inizio è previsto per il 6 maggio. Nel sistema politico più chiuso del mondo, non è facile capire perché.

Una questione interna

Il passato non aiuta molto a capire. Nel 1980 si era stabilito che si dovesse tenere un congresso ogni cinque anni. Da allora però si è aperto un intervallo di 35 anni. Il calendario non mette più pressione a Kim Jong-un più di quanto lo facesse a suo padre. Ma, al tempo stesso, sarà imbarazzante non ospitare pezzi grossi al vertice. Nel 1980 erano arrivati nel paese 177 delegati da 118 paesi, tra cui Robert Mugabe, all’epoca primo ministro dello Zimbabwe, il presidente della Guinea Sékou Touré e una delegazione cinese guidata dal defunto Li Xiannian, esponente di una “immortale” prima generazione di leader rivoluzionari.

Il congresso che sta per aprirsi a quanto pare sarà una questione interna alla Corea del Nord. Il proseguimento da parte di Kim Jong-un della corsa inaugurata dal padre per ottenere un arsenale nucleare e un missile in grado di trasportarlo – lo scorso 23 aprile è stato confermato un test con un missile balistico lanciato da un sottomarino – ha isolato ancora di più il paese al livello internazionale. È appena arrivata l’offerta di porre fine ai test nucleari in cambio della cessazione delle esercitazioni annuali congiunte tra gli Stati Uniti e la Corea del Sud, immediatamente respinta. Il congresso metterà in luce l’altro lato del juche. La Corea del Nord è davvero sola.

Il Partito dei lavoratori della Corea non ha molto da festeggiare, a parte il presunto “successo” (nel migliore dei casi parziale, secondo gli esperti stranieri) dei suoi quattro test nucleari, due dei quali sotto la guida di questo Kim di terza generazione, il più recente lo scorso gennaio. Un quinto test sembrerebbe imminente.

Kim Jong-un spera che il congresso porti a un consolidamento formale del suo potere

Kim non ha ancora inflitto al suo popolo il tipo di carestia che uccise centinaia di migliaia di persone all’epoca in cui al potere c’era suo padre, alla fine degli anni novanta. Ma proprio questo mese la Fao ha pubblicato un agghiacciante rapporto sulla persistente mancanza di cibo. Le stime riportate dal documento parlano di 10,5 milioni di persone malnutrite – due quinti della popolazione – e di rischio di malnutrizione per 2,4 milioni di donne incinte o in fase di allattamento e di bambini sotto i cinque anni. Più di tre quarti dei nordcoreani, conclude il rapporto, vivono in una condizione di “insicurezza alimentare”.

Eppure oltre a tutte le altre sofferenze, la Corea del Nord sta sopportando una “campagna di lealtà di 70 giorni”, un conto alla rovescia propagandistico in vista dell’apertura del congresso. È evidente che Kim la ritiene importante. Anzi, alcuni esperti di Corea del Nord, come Hajime Izumi della Tokyo international university, sostengono come non ci sia niente di più importante per lui. Ritengono che la forza sbandierata attraverso i test nucleari e missilistici abbia l’obiettivo di gettare le basi per un congresso autocelebrativo. E pazienza se una tale autoreferenzialità avrà un impatto disastroso sulle relazioni internazionali del paese.

Una dottrina di partito

Kim Jong-un spera che il congresso porti a un consolidamento formale del suo potere. Quando è entrato in carica, molti analisti esterni lo ritenevano soltanto la facciata che nascondeva una cricca di criminali più esperti. In realtà ha purgato in modo spietato i ranghi superiori del partito e dell’esercito e ha condannato a morte lo zio acquisito Jang Song-taek, il principale interlocutore del regime con la Cina.

Questo congresso potrebbe agevolare l’ingresso dei suoi fedelissimi in posizioni chiave all’interno del partito. I civili saranno probabilmente in numero superiore ai generali che mantennero al potere suo padre. Il vertice potrebbe inoltre racchiudere le idee di Kim in una dottrina di partito, tra cui il passaggio dalla dottrina del songun (o pugno militare) di suo padre alla sua linea del byunglin, che ha l’obiettivo di dotarsi di armi nucleari e di avviare lo sviluppo economico.

Adesso lo stesso Kim Jong-un potrebbe far entrare lentamente il sole, adottando le riforme orientate al mercato

Se questo dovesse succedere, secondo gli ottimisti questo congresso potrebbe essere una vera svolta. Kim Jong-un è da troppo poco tempo al potere per essere costretto ad assumersi le responsabilità dei molti fallimenti del regime. Però può attribuirsi il credito del suo valore nucleare.

Avendo dimostrato che la Corea del Nord corrisponde alla descrizione nel preambolo alla costituzione del 2012, “uno stato nucleare e uno stato militarmente forte che non può essere addomesticato”, può occuparsi della necessità di nutrire il suo popolo e alleviarne la povertà. E questo significherebbe ricucire i rapporti con la Cina, l’unico alleato della Corea del Nord e il principale partner economico che, dopo le ultime trasgressioni del paese, sembrerebbe più propensa ad attuare delle sanzioni.

Far entrare il sole

La Corea del Nord dovrebbe anche tendere ramoscelli di ulivo agli altri paesi, in particolare alla Corea del Sud, che lo scorso febbraio si è ritirata da Kaesong, il polo industriale cogestito da Seoul e Pyongyang a nord del confine. Questa decisione ha segnato la fine della politica della “luce del sole” attuata dalla Corea del Sud con l’obiettivo di cambiare la Corea del Nord attraverso il suo coinvolgimento.

Adesso lo stesso Kim Jong-un potrebbe far entrare lentamente il sole, adottando le riforme orientate al mercato e aprendosi a quel mondo esterno che ha catapultato la Cina nella prosperità e che i suoi leader da tempo chiedono insistentemente alla Corea del Nord.

Sarebbe una cosa sensata. In una Corea del Nord riformata, Kim avrebbe più risorse per comprare la lealtà di chi gli sta intorno e potrebbe dormire sonni più tranquilli. La Cina ha dimostrato come lo sviluppo economico possa essere raggiunto senza che il partito unico perda il potere.

Poiché tanto la Cina quanto l’occidente temono sia il crollo del regime di Pyongyang in un caos sanguinoso sia la sua bellicosità nucleare, troverebbe di sicuro dei sostenitori volenterosi. Eppure è difficile fin qui intravedere spazi per l’ottimismo nel regime di Kim. Ha mostrato di non curarsi affatto della contrapposizione al resto del mondo, ha promosso figure oltranziste e ha perseguito il potenziale per una guerra nucleare con un’ossessione ancora superiore a quella del padre. Più che una svolta il congresso potrebbe essere un vicolo cieco, un modo per dire al mondo: “Questa è la Corea del Nord di oggi, fatevene una ragione”.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

Questo articolo è stato pubblicato dal settimanale britannico The Economist.

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