08 giugno 2016 18:29

Il 7 giugno l’ex segretaria di stato Hillary Clinton ha vinto le primarie del Partito democratico per la corsa alla Casa Bianca negli stati del New Jersey, South Dakota, California e New Mexico, mentre il suo avversario Bernie Sanders ha conquistato North Dakota e Montana.

Clinton ha ringraziato i suoi sostenitori per averla aiutata a raggiungere un risultato storico: diventare la prima donna candidata alla presidenza degli Stati Uniti. Sanders non ha ammesso la sconfitta e ha detto che continuerà la campagna fino alla convention democratica di Filadelfia. I mezzi d’informazione statunitensi avevano dato per certa la vittoria di Clinton già il 6 giugno, dopo che l’Associated Press aveva aggiornato il suo conteggio dei superdelegati, i dirigenti del partito che partecipano di diritto all’elezione del candidato. La notizia era stata duramente criticata da Sanders, che aveva accusato la stampa di dare per finita una corsa ancora aperta.

Clinton aveva accolto con freddezza l’annuncio dell’Associated Press, per paura che la notizia portasse molti suoi elettori a non recarsi alle urne il 7 giugno. Tre cose da tenere a mente dell’ultima fase della campagna elettorale.

Hillary Clinton è la prima donna a vincere le primarie di un grande partito statunitense. A questo punto è possibile affermare che il primo traguardo di Clinton è stato raggiunto: l’ex segretaria di stato sarà la prima donna candidata per la presidenza in un paese in cui le donne rappresentano più della metà degli elettori. A cento anni da quando Jeannette Rankin è stata la prima donna eletta nel Montana e a 96 anni da quando è stato concesso il diritto di voto a tutte le donne, Clinton potrebbe coronare il percorso verso la piena uguaglianza delle donne negli Stati Uniti. Il sito Politico commenta: “Con tutti i suoi difetti, Clinton non si è mai piegata, nonostante le avversità personali e politiche. Con la sua grinta ha finalmente conquistato un posto nel pantheon politico degli Stati Uniti, e non importa che succederà a novembre”.

Bernie Sanders non si ritira dalla competizione. La scelta dello sfidante di Clinton di restare in corsa fino alla convention che si terrà a fine luglio Filadelfia ha provocato malcontento nelle file dei democratici, che si aspettavano un suo passo indietro visto che ormai non ha più nessuna possibilità di ottenere la nomination. Una rinuncia di Sanders, infatti, potrebbe rafforzare politicamente la candidatura dell’ex segretaria di stato, che così si concentrerebbe sulla sfida contro il candidato repubblicano Donald Trump. Ma Sanders ha annunciato che vuole arrivare fino in fondo e che cercherà di usare la sua influenza nel partito per chiedere una modifica del sistema di voto delle primarie.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Sanders critica soprattutto il ruolo dei superdelegati, i dirigenti del partito che non sono eletti nelle primarie ma che svolgono un ruolo importante nella scelta del candidato. Secondo il senatore del Vermont, il peso di questi funzionari è la dimostrazione che il procedimento è antidemocratico. Inoltre, le trattative tra la squadra di Sanders e quella di Clinton sono in una fase di stallo. Secondo Politico, Sanders sarebbe disposto a uscire di scena se Clinton accettasse di abbracciare alcune delle sue proposte politiche, come una regolamentazione più ferrea dei mercati finanziari e misure sociali più ambiziose per combattere le disuguaglianze.

Quanti repubblicani abbandoneranno Donald Trump? Il fatto che Clinton sia ancora impegnata nella competizione all’interno dello schieramento democratico rappresenta un vantaggio per Trump, che secondo alcuni sondaggi è in crescita. Tuttavia, i conflitti tra il candidato e l’establishment del partito repubblicano sono tutt’altro che sedati. Trump ha scatenato una polemica quando ha insinuato che il giudice Gonzalo Curiel – che si sta occupando di una causa civile in cui è coinvolta la Trump university – non è imparziale perché ha origini messicane.

Il presidente repubblicano della camera, Paul Ryan, ha definito “razziste” le parole di Trump, ma ha confermato l’appoggio al candidato. Il senatore repubblicano Lindsey Graham ha definito le parole di Trump “non americane”, facendo capire che ritirerà il suo appoggio alla candidatura del miliardario. C’è da capire quanti repubblicani abbandoneranno Trump quando Clinton sarà ufficialmente la candidata democratica alle presidenziali.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it