03 novembre 2016 19:00

1. Tino Sehgal
Carte blanche à Tino Sehgal
Palais de Tokyo, Parigi, fino all’8 dicembre

Le annotazioni scarabocchiate su dei foglietti sono le uniche tracce di una mostra che non può essere fotografata né filmata: “inquietante… abilità sociali… noi troviamo gli altri spaventosi”. È un’impresa impossibile fissare una bellezza evanescente, per questo Tino Sehgal, che ha avuto carta bianca dal Palais de Tokyo, ha trasformato l’immensa navata del seminterrato in un campo incolto dove chi entra può piantare emozioni destinate a sopravvivere per la durata della visita. Poi basta. Nessun oggetto, nessuna immagine, nessun cartello informativo, solo delle performance in cui lo spettatore è l’eroe che riempie un vuoto di 13mila metri quadrati. L’unica testimonianza che resterà di queste opere è che si sa che sono esistite. Leone d’oro a Venezia nel 2013, Sehgal presenta le sue opere accanto a quelle di Buren, Coleman, González-Torres, Parreno, Huyghe e Lewis. Attori di tutte le età si confondono con il pubblico lanciandosi in conversazioni improvvisate e provocatorie, senza svelare la propria identità di performer. In These associations (2012), cinquanta persone attraversano lo spazio come un esercito di zombie. Non si capisce chi è parte dell’opera e chi visitatore. Qualcuno si avvicina e comincia a parlare di sé, raccontandoci della propria vita. Viene il dubbio che ci stia prendendo in giro, ma ci si lascia coinvolgere. Il percorso della mostra è costellato di tante piccole epifanie. Alla fine resta la consapevolezza di essere vivi. Libération

2. Una biennale palestinese
Qualandiya international
sedi varie, fino al 31 ottobre

This sea is mine, questo mare è mio, è il titolo della terza edizione di Qualandiya international, la biennale palestinese che quest’anno ha inaugurato mostre in sette città: Haifa, Gerusalemme, Ramallah, Betlemme, Beirut, Amman e Londra. Con posti di blocco militari a presidiare ogni sede espositiva, Qi 2016 afferma l’idea di libertà e mobilità anche solo attraverso la scelta della geografia espositiva. Il tema è il ritorno, o meglio, il disfacimento dell’esodo. Quando nel 1948 lo stato di Israele fu fondato, si stima che 750mila palestinesi furono deportati, le loro case e le loro città distrutte. Confine, proprietà di spazio e terra, memoria, patrimonio e appartenenza sono i temi affrontati dalle opere in mostra. artnet.com

3. Nuovi musei a Lisbona
Maat
Lisbona, maat.pt

A Lisbona la riva del fiume Tago, isolata dalle infrastrutture culturali della città da una ferrovia e da una strada, è una specie di zona morta. Un nuovo edificio che sgorga come un’onda bianca dalle acque potrebbe rilanciare il lungofiume come meta culturale. È il Maat, il Museo di arte, architettura e tecnologia, una struttura che si sviluppa sotto il livello stradale e lascia come unico elemento visibile il tetto, che a sua volta diventa un prolungamento della passeggiata lungo la riva. La prima installazione, commissionata a Dominique Gonzalez-Foerster, è un’area protetta da una gabbia e disseminata di tappetini di gomma, dove i visitatori vengono bloccati per dieci minuti. Financial Times

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