24 febbraio 2024 09:00

Il 15 febbraio il ministro degli esteri venezuelano Yván Gil ha dato a tutti i funzionari dell’ufficio dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani 72 ore di tempo per lasciare il paese. La mossa, che priva ancora di più il Venezuela della supervisione straniera proprio quando il governo del presidente socialista Nicolás Maduro sta intensificando la repressione contro l’opposizione, è arrivata pochi giorni dopo l’arresto di Rocío San Miguel.

Il 9 febbraio l’attivista, esperta di questioni militari e direttrice dell’ong Control ciudadano, è stata arrestata all’aeroporto internazionale Simón Bolívar mentre si preparava a viaggiare da Caracas a Miami, negli Stati Uniti. Nelle ore successive sono stati fermati anche quattro familiari di San Miguel, una voce critica verso il governo, e poi rilasciati il 13 febbraio con il divieto di uscire dal paese.

Il 12 febbraio il procuratore generale Tarek William Saab ha confermato pubblicamente l’arresto dell’attivista. Saab ha aggiunto che l’accusa è di terrorismo, tradimento e cospirazione per aver cercato di organizzare un attentato contro Maduro e altri ufficiali di alto rango e un attacco ad alcune caserme nella città di San Cristóbal.

Secondo Marta Valiñas, presidente della Missione internazionale indipendente delle Nazioni Unite per la verifica dei fatti sul Venezuela, la detenzione di Rocío San Miguel ha un obiettivo preciso: intimidire le persone che lavorano nella difesa dei diritti umani. “Non si tratta di un incidente isolato”, ha detto, “ma è solo l’ultimo di una serie di episodi che sembrano far parte di un piano coordinato per mettere a tacere i critici del governo e chi si considera un oppositore”.

La Missione dell’Onu aveva già espresso la sua preoccupazione per una serie di minacce e di arresti di militanti del partito politico Vente Venezuela, che ha vinto le primarie dell’opposizione lo scorso 22 ottobre. E anche per l’esclusione dalle elezioni presidenziali, che dovrebbero tenersi quest’anno, di alcuni candidati, tra cui la leader del centrodestra María Corina Machado, scelta nelle primarie per sfidare Maduro e in testa ai sondaggi.

La stretta del governo sull’opposizione è arrivata quando nel paese c’era un clima di speranza. A metà ottobre infatti il governo e l’opposizione avevano firmato a Barbados un accordo per organizzare elezioni libere e trasparenti, con la partecipazione dei candidati dell’opposizione in cambio dell’annullamento delle sanzioni statunitensi contro l’industria petrolifera.

Le presidenziali dovrebbero svolgersi quest’anno, ma ancora non è stata annunciata una data. Maduro, al potere dal 2013, dopo la morte di Hugo Chávez, si candiderà per un terzo mandato. In un editoriale El País scrive che evidentemente Caracas non teme la rappresaglia di Washington e aggiunge: “Questa nuova tattica repressiva, anche se può avere come effetto la permanenza di Maduro al potere, è molto lontana dal cammino democratico che chiedono i venezuelani”.

Questo testo è tratto dalla newsletter Sudamericana.

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