07 maggio 2024 13:00

Negli ultimi giorni c’è un botta e risposta che sta tenendo occupati tutti gli appassionati di hip-hop: quello tra Kendrick Lamar e Drake. In gergo si tratta di un beef, cioè di una faida tra rapper fatta a colpi di dissing, cioè, per citare la Treccani, di brani che hanno l’obiettivo “di prendere in giro, criticare o addirittura insultare una o più persone, di solito appartenenti all’ambiente stesso della musica rap”.

I litigi e le battaglie tra rapper risalgono alle origini dell’hip-hop negli anni settanta, e da allora ci sono stati molti scontri del genere, anche tra nomi di primo piano: Jay-Z e Nas, Tupac e The Notorious Big, LL Cool J e Kool Moe Dee, o più recentemente Nicki Minaj e Megan Thee Stallion. La lista è lunga. Del resto la competizione, anche aspra, fa parte della cultura del genere.

Il beef tra Kendrick Lamar (afroamericano di Compton, in California) e Drake (canadese, figlio di un afroamericano e di una donna bianca) è la battaglia tra due pesi massimi del rap contemporaneo, e ha radici lontane. Anche se nel 2012 hanno collaborato nel brano Poetic justice, i due artisti non si stanno granché simpatici da tempo e si erano già lanciati frecciate a più riprese. La situazione si è fatta più aspra il 22 marzo, quando Lamar ha registrato alcuni versi per un brano di Future e Metro Boomin intitolato Like that. Nel pezzo il rapper di Compton (se proprio devo schierarmi, sto con lui) sosteneva di non sentirsi parte dei “Big three” (una definizione secondo la quale i tre migliori rapper in circolazione sarebbero Lamar, Drake e J. Cole) perché semplicemente si sentiva il migliore: “It’s just big me”. In Like that Lamar si paragonava anche a Prince, in opposizione a Drake che si è sempre definito il Michael Jackson del rap, ricordando: “Prince outlived Mike Jack”, Prince ha vissuto più di Michael Jackson.

La faida tra i due artisti è proseguita il 13 aprile con la risposta di Drake, contenuta nel singolo Push ups: il rapper canadese ha accusato Lamar di non essere alla sua altezza e si è preso gioco di lui per aver collaborato con artisti pop come Maroon 5 e Taylor Swift. Il 19 aprile, mentre aspettava ancora la risposta del suo avversario, Drake ha fatto un’altra mossa a sorpresa: ha messo online una canzone intitolata Taylor made freestyle, nella quale Tupac e Snoop Dogg, o per meglio dire le voci di Tupac e Snoop Dogg ricreate dall’intelligenza artificiale, si facevano beffe di Lamar. Questo è stato il primo colpo basso, dato che il rapper di Compton considera da sempre Tupac il suo punto di riferimento. Drake, in seguito, è stato costretto a rimuovere il brano su richiesta degli eredi di Tupac.

La cosa non si è fermata lì. Mentre scrivo, sono usciti in tutto nove brani in cui i due rapper si prendono di mira e vanno sempre più sul personale, tirando in ballo mogli, figli e manager. Nel pezzo euphoria Lamar ha anche messo in dubbio la “blackness” di Drake, vietandogli di usare la parola “nigga” per rivolgersi a lui, una cosa che di solito possono fare solo gli afroamericani parlando con altri afroamericani. In Not like us, uno dei pezzi più aggressivi usciti in questi giorni, Lamar ha definito Drake “un pedofilo”, alludendo alla sua passione per le minorenni (mai provata, ma spesso tirata in ballo dai siti di gossip, soprattutto in seguito alla pubblicazione su internet di un video del 2010 nel quale Drake, all’epoca ventitreenne, baciava ripetutamente una diciassettenne sul palco). Lamar ha anche tirato fuori una vecchia storia che riguarda un figlio illegittimo (ma in seguito riconosciuto legalmente) del rapper canadese e nel brano Meet the Grahams ha addirittura dichiarato che Drake avrebbe una seconda figlia illegittima (accusa, pare, priva di fondamento). A sua volta Drake ha insinuato (non ci sono prove neanche di questo) che Lamar abbia commesso violenze domestiche contro la moglie e che il padre di uno dei dei suoi figli sia in realtà il manager Dave Free. Insomma, non si sono risparmiati.

Come si spiega la faida tra Lamar e Drake? Da molti punti di vista quello che è successo è sorprendente. Sinceramente non mi aspettavo che andasse tanto avanti e che i toni diventassero così aspri, anche perché in teoria né l’uno né l’altro hanno bisogno di farsi pubblicità: Drake ha stabilito vari record di vendite, Lamar non è arrivato ai suoi livelli ma è considerato il rapper più “colto” della sua generazione, perlomeno tra quelli di maggior successo, e ha vinto perfino un premio Pulitzer per il disco Damn. Questo beef, alimentato a dismisura dai social network, è sicuramente divertente per chi segue il rap, e il fatto che perfino i mezzi d’informazione generalisti se ne siano occupati, non solo negli Stati Uniti, fa capire che dal punto di vista mediatico l’operazione è riuscita. Ma entrambi i contendenti, a tratti, si sono concessi un po’ troppi colpi bassi, e fa strano vedere un poeta come Kendrick Lamar trascinato in questa contesa, che da un punto di vista musicale forse ha anche vinto, al prezzo però di uno svilimento del suo profilo artistico. Alphonse Pierre su Pitchfork ha addirittura definito la faida tra i due artisti “Lo spettacolo più deprimente della storia del rap”.

Al tempo stesso, però, il fatto che i due artisti abbiano deciso di darsele di santa ragione in pubblico nasconde il fatto che forse, in questo momento, la carriera di entrambi non è nel suo momento migliore: Drake non fa più i numeri di una volta, e l’accoglienza riservata all’ultimo disco di Lamar, Mr. Morale & The Big Steppers (per quel che può valere, a me è piaciuto), non è stata trionfale come il suo autore si augurava. Questa battaglia, invece, li ha riportati al centro della scena. E il fatto che nell’ultimo dei dissing, The heart part 6, Drake abbia accusato Lamar di aver sfruttato la situazione per promuovere il suo nuovo album (secondo varie voci, in arrivo entro la fine del 2024) potrebbe essere una cattiveria gratuita. Ma forse non è andata troppo lontana dalla verità.

Questo testo è tratto dalla newsletter Musicale.

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