18 dicembre 2012 11:34

Comincia sabato, come un piccolo disagio diffuso in un posto interno che non capisco bene, dalle parti della mascella sinistra. Siccome sono una seguace del vecchio credo “se non ci fai caso, ti passa”, decido di non farci caso. Per diverse ore funziona.

Ma verso le quattro di notte di domenica mi sveglio. Ci dev’essere uno gnomo, piccolo sì ma carogna, che scava con un martello pneumatico dalle parti dei miei molari. Un male bestia.

La città è ancora innevata e la notte è chiara, silenziosa e gelida. Magnifici riverberi azzurrini dalle finestre si riflettono fin sulle palle dell’albero di Natale. Archivio l’idea di uscire alla ricerca di una farmacia notturna aperta e di un rimedio istantaneo e definitivo: sono troppo stordita, non credo di essere in grado di guidare e avrò pur qualcosa che mi aiuta a tirar mattina nel cassetto dei medicinali di casa, no?

Frugo tra le scatole. Finalmente estraggo una confezione su cui c’è scritto “soluzione orale”. Mi sembra di ricordare – guardo la data sulla scatola e vedo che è lì da tre anni – che sia il rimasuglio di un’antica seduta dal dentista. Perfetto.

Però, accidenti: soluzione orale vorrà dire “sciogli questa polverina magica e bevila” oppure “sciogli questa polverina magica e sciacquatici la bocca”? In altre parole: trattasi di farmaco per uso interno (da assumere per via orale) o per uso topico (da usare per il cavo orale)? Poiché “soluzione orale” non me lo dice, nonostante l’ora e lo gnomo affronto intrepida la lettura del bugiardino.

È un lenzuoletto più lungo, a occhio, di trenta centimetri. Scritto fitto fitto su entrambe le facciate, nel solito carattere bastone

light condensed, che vuol dire stretto e sottile, e in corpo davvero minuscolo. Mi sistemo gli occhiali e cerco di decifrare. Le indicazioni terapeutiche mi confortano: affezioni flogistiche dolorose in odontoiatria… anche accompagnate da piressia. Ma che diavolo vorrà dire dire flogistico? E piressia? Vado oltre.

Seguono una sessantina di righe tra controindicazioni e precauzioni per l’uso (come stare dentro una puntata del Dottor House: c’è il rush cutaneo, il lupus eritematoso, l’insufficienza renale acuta, il rischio di mascherare sintomi di malattie infettive). Scendo lungo molte altre righe di interazioni e avvertenze. E stremata arrivo a metà della seconda facciata del lenzuoletto dove c’è il paragrafo Istruzioni sull’impiego delle bustine. Evviva. Adesso capisco.

E invece no: le istruzioni mi dicono solo che devo aprire la bustina, scegliendo se ne voglio mezza dose o una intera, versare in un bicchier d’acqua e mescolare. Stop. Fantastico. E poi? Sciaquo o bevo? Perché accidenti non è scritto da nessuna parte? Sono rintronata e vorrei strangolare, insieme allo gnomo dannato, l’estensore del bugiardino. Anche perché le ultime cinquanta righe squadernano orribili effetti indesiderati. E chissà che succede se sbaglio addirittura il modo di assumere il farmaco.

Riprendo il mio lavoro esegetico risalendo paziente (in tutti i sensi) per il testo, fino al paragrafo Dose modo e tempo di somministrazione. E anche lì, dannazione, indicazioni zero. Non ci posso credere.

Rileggo: adulti. Una bustina tre volte al giorno durante i pasti. Le mie residue capacità deduttive (sono le quattro e mezza di notte, ho un mal di denti cane e non sono precisamente lucida) mi suggeriscono che se è “durante i pasti” deve trattarsi di qualcosa da bere. Uno mica si mette a fare i gargarismi mentre è a tavola, no?

Sulla scorta di quest’unico, minimo indizio mi preparo una incongrua prima colazione notturna. Finalmente verso. Bevo. Accidenti, sa di menta: vuoi vedere che ho sbagliato tutto? Al diavolo. Mal che vada, chiamo il 118 e sono cavoli loro.

Happy (si fa per dire) ending: effettivamente, trattavasi di roba da bere. Me l’hanno confermato stamattina in farmacia. E sì, capisco che le società farmaceutiche abbiano bisogno sia di di proteggersi, sia di dare indicazioni circostanziate ai medici scrivendo tutto quel che scrivono.

Ma cinque righe di indicazioni di base elementari e leggibili, su oltre duecento, proprio non ci stanno? Quanta gente sbaglia ad assumere i farmaci perché non riesce a districarsi? Come se la cavano le vecchiette e i vecchietti che ci vedono poco? Le persone che capiscono poco quando leggono? Quelle – può succedere – rintronate? Perché dire “flogistico” invece di “infiammatorio”? “Piressia” invece di “febbre”?

Le massime conversazionali di Grice invitano non solo a essere veritieri e pertinenti, ma anche a non essere reticenti o ridondanti e a non essere ambigui. Ai compilatori di bugiardini andrebbe prescritta attenta lettura delle medesime. A scelta, prima, dopo o durante i pasti. Nessuna controindicazione.

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