18 maggio 2015 12:33

Ciò che è nuovo è seducente, giovane, moderno, intatto e incantevole. Eppure, ciò che è nuovo può spesso fare paura. Beh, come mai?

Paura del nuovo. Si chiama kainofobia (dal greco καινός, che significa nuovo, fresco, insolito, e φόβος, paura) o, più semplicemente, neofobia (dal greco νέος, nuovo, e φόβος, paura). Indica il timore per tutto ciò (concetti, situazioni, persone, oggetti, processi, alimenti) con cui non abbiamo familiarità. Ciò che è nuovo può essere rischioso, e non possiamo sapere quanto. Quindi, non abbiamo paura del nuovo come tale, ma delle sue imprevedibili conseguenze, compresa la perdita di qualcosa di vecchio (e positivo, confortante e rassicurante).

Possono essere neofobici i bambini perché il mondo intero, per loro, è sconosciuto e, non dimentichiamolo, gigantesco e fuori misura. Ma una dose di neofobia appartiene anche agli anziani: l’attitudine esplorativa che, da giovani, è comune sia agli esseri umani sia a molti animali superiori, tende a ridursi con il crescere dell’età (dunque, se volete continuare non a sentirvi ma a essere giovani non smettete di esplorare).

Paura dei nuovi cibi. Una delle forme più diffuse di neofobia riguarda proprio gli alimenti e insorge nei piccoli tra i due e i sette anni. Il Telegraph suggerisce ai genitori di avere pazienza, perché la neofobia alimentare infantile è connessa con primitive strategie di sopravvivenza della specie: il gusto delle verdure, per esempio, ha una componente amara che i nostri antenati associavano al cibo potenzialmente velenoso. Se l’argomento dello sviluppo del gusto vi appassiona, qui c’è una piccola, interessante pubblicazione di Slowfood.

Paura della modernità. Condividete anche voi i diffusi timori riguardanti la velocità, l’eccesso di informazione, il gusto della novità per la novità e la conseguente perdita di capacità e conoscenze pregresse? Bene: siete in ottima compagnia. Ma la cosa curiosa – scrive il Guardian – è che nella compagnia ci sono pensatori del passato prossimo e remoto: come non temere le macchine a vapore, le diavolerie della meccanizzazione, gli inganni del cinematografo, gli aeroplani? Come, (e qui siamo nel seicento) non temere gli effetti deleteri delle nuove botteghe del caffè sulle giovani generazioni?

“Non c’è niente di così vecchio come la preoccupazione per la modernità”, conclude il Guardian. Appunto: ciascun periodo è “moderno” per la generazione che, preoccupandosene, lo vive. E, ricordiamolo, nel Fedro Platone mostra un Socrate diffidente nei confronti di quell’astruseria moderna che era la parola scritta. Le argomentazioni sono peraltro piuttosto convincenti.

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Paura del cambiamento. Le persone non solo temono il cambiamento, ma sono inconsapevolmente convinte che ciò che se si è sempre fatto in un certo modo, quello dev’essere per forza il modo migliore. E ancora: più a lungo si è fatto in quel modo, meglio è. Huffington Post cita una serie di curiosi esperimenti. Per esempio, il favore nei confronti dell’agopuntura cresce di più dopo la notizia che si tratta di una disciplina vecchia di duemila anni, e di meno se viene detto che è stata inventata 250 anni fa. Il medesimo cioccolato viene giudicato più buono se si comunica che è in produzione da 73 anni, meno buono se gli anni sono solo tre.

Paura delle nuove esperienze. Alex Lickerman, medico, sulle pagine di Psychology Today dichiara senza reticenze che le novità non gli piacciono per niente e che ritiene di essere molto affidabile proprio perché ama la routine disciplinata. Tuttavia, dopo qualche riga, ammette che in realtà tutto ciò deriva dal fatto che lui teme le conseguenze di ciò che non conosce, e che arriva ad avere paura più di un esito ignoto che di un esito noto e sicuramente negativo.

Conclude con la ricetta che si è autoprescritto per costringersi ad affrontare le novità: ricordarsi che il nuovo richiede coraggio, e che sentirsi coraggiosi fa bene. Ricordarsi che le novità possono anche essere positive e gradevoli. Ricordarsi che le novità cancellano la noia e che aiutano a crescere, a credere in se stessi e a migliorare le proprie idee.

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