16 marzo 2015 08:48

Se Napoleone Bonaparte non avesse avuto la pessima idea di vendere la Louisiana, che all’epoca copriva un territorio pari a un quinto degli attuali Stati Uniti, forse oggi il francese sarebbe una delle due lingue del Nordamerica e non avrebbe perduto (a beneficio dell’inglese) lo status di principale lingua internazionale conservato fino alla seconda guerra mondiale.

Ci sono errori che si pagano caro, e la vendita della Louisiana, battezzata in onore di Luigi XIV, è uno di essi. Tuttavia questa Francia depressa, che lunedì inaugura la settimana della francofonia proprio in un momento in cui crede di non contare più molto al mondo, continua a parlare la quinta o sesta lingua del pianeta (274 milioni di persone nel 2014). Certo, si tratta di un numero molto basso se confrontato alle popolazioni di Cina o India e all’assoluto dominio dell’inglese nel mondo degli affari e delle relazioni internazionali, ma i numeri non dicono tutto.

Non solo i francofoni sono in aumento (7 per cento in più rispetto al 2010, un’enormità) ma il loro numero sarà più che raddoppiato nel 2050, quando oltre 700 milioni di persone parleranno francese. La lingua francese non arretra, anzi cresce molto più rapidamente rispetto alla popolazione mondiale, soprattutto in Maghreb e in tutta l’Africa, il continente del futuro.

La crescita non è l’unico punto di forza del francese, che è anche la lingua delle tre capitali europee – Bruxelles, Strasburgo e Lussemburgo –, l’idioma più tradotto dopo l’inglese, la seconda lingua studiata al mondo e una delle tre lingue veramente internazionali (dopo l’inglese e lo spagnolo, che potrebbe presto superare) perché il cinese e l’hindi non sono parlati fuori del loro paese di origine mentre il francese è presente in Europa, Africa, America, Asia e in tutte le organizzazioni internazionali.

La Francia possiede un tesoro che però ignora: la sua lingua, “l’altra lingua” rispetto all’inglese, la lingua che amiamo e vogliamo continuare a parlare per resistere all’omologazione di cui gli Stati Uniti sono portatori. Per la Francia la sua lingua è un grande strumento di influenza culturale, politica ed economica, ma allo stesso tempo non può accontentarsi della progressione demografica dei paesi francofoni per sviluppare questa risorsa.

La forza del francese dipende prima di tutto dalla Francia, e non solo dal suo tasso di natalità che la porterà presto a essere il paese più popoloso dell’Unione europea. Se la Francia non ritroverà fiducia in se stessa il francese finirà per indietreggiare come ha già fatto in paesi un tempo spiccatamente francofoni come la Polonia, l’Italia o la Turchia.

Per affermare se stessa e la sua lingua la Francia deve smettere di avere paura di tutto: della globalizzazione, dell’islam, degli Stati Uniti e dell’unità europea. La Francia deve riprendere coscienza della sua forza, una forza di cui la lingua francese è un grande esempio.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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