24 marzo 2015 08:50

Se non saremo noi a imporre la pace, israeliani e palestinesi andranno a braccetto incontro alla catastrofe. La coalizione di destra eletta in Israele, infatti, si oppone alla nascita di uno stato dei palestinesi, che privi di questa prospettiva non potranno fare altro che ripiombare in un’inutile violenza che a sua volta spingerà Israele verso una logica di repressione altrettanto vana e pericolosa.

Sul fronte israeliano, l’estrema destra non intende in alcun modo permettere la nascita dello stato palestinese, che ai suoi occhi diventerebbe automaticamente una base per i razzi come è diventata Gaza dopo il ritiro degli israeliani. Benjamin Netanyahu ha mantenuto un atteggiamento più ambiguo in proposito. Il primo ministro ha accettato in un discorso (uno solo) l’idea di uno stato palestinese, ma non ha mai fatto niente per favorirne la nascita, rifiutando categoricamente questa prospettiva pur di accaparrarsi i voti dell’estrema destra nazionalista e religiosa alla vigilia delle legislative per poi smentirsi nuovamente all’indomani della vittoria.

In sostanza Netanyahu accetta la soluzione dei due stati (solo a parole e di tanto in tanto) unicamente per evitare l’isolamento internazionale di Israele. Rinviandola alle calende greche, comunque, rompe con quello che era diventato l’orizzonte dei due popoli dopo la firma degli accordi di Oslo, più di vent’anni fa.

Oggi quell’orizzonte è più che mai lontano e incerto, anche perché minaccerebbe lo sviluppo delle colonie nei territori occupati e la divisione dei palestinesi tra gli islamisti di Hamas, padroni di Gaza, e i laici di Fatah, che controllano la Cisgiordania e vorrebbero un compromesso territoriale. Da tempo l’idea di una pace attraverso la coesistenza di due stati è diventata un miraggio, ma almeno finora dava una ragione di esistere all’Autorità palestinese, embrione di uno stato in divenire che ha continuato, nonostante tutto, a incarnare una speranza per il suo popolo.

Sotto la presidenza di Abu Mazen l’Autorità palestinese ha saputo assicurare lo sviluppo economico della Cisgiordania e lottare contro Hamas, ma ora che l’orizzonte a cui si appoggiava sembra svanito entrerà inevitabilmente in una dinamica di scontro con Israele. Abu Mazen minaccia di trascinare Israele davanti al Tribunale penale internazionale e intanto fatica sempre di più a opporre la volontà di un compromesso all’intransigenza di Hamas, che in un circolo vizioso nutre quella della destra israeliana.

Di questo passo la cooperazione per la sicurezza tra Israele e l’Autorità palestinese avrà vita breve, e potrebbe lasciare spazio a un braccio di ferro i cui unici vincitori sarebbero l’estrema destra israeliana e gli estremisti islamici palestinesi.

La destra spingerà per l’annessione dei Territori occupati (totale o parziale) invocando imperativi legati alla sicurezza diventati reali, mentre gli estremisti islamici faranno di tutto per arrivare al punto di rottura per giustificare e moltiplicare gli attentati. In questo modo Israele sprofonderebbe rapidamente verso l’apartheid, perderebbe ogni appoggio internazionale e si risveglierebbe un giorno con una popolazione a maggioranza palestinese di fronte a cui non potrebbe più rivendicare la sua identità di stato ebraico.

Sui due popoli incombe insomma una guerra totale e non più solo episodica. È per questo che sottrarsi al dovere di imporre la pace equivarrebbe al rifiuto di assistere due popoli in pericolo, un errore tanto più irresponsabile e criminale se pensiamo che statunitensi ed europei avrebbero tutti i mezzi per evitare di commetterlo.

Israele ha profondamente bisogno del sostengo economico e militare degli Stati Uniti, come dimostra il fatto che Netanyahu ha smentito di aver rinnegato l’idea dei due stati non appena la Casa Bianca ha annunciato l’intenzione di “riconsiderare” l’appoggio accordato a Tel Aviv alle Nazioni Unite. L’Unione europea, dal canto suo, assicura la sopravvivenza dell’Autorità palestinese, che senza l’Europa non avrebbe il denaro per pagare i funzionari.

Insieme l’Unione e gli Stati Uniti hanno tutti i mezzi per fare pressione sui due schieramenti. I dettagli di un accordo sono noti fin dalla stesura del piano di pace proposto da Bill Clinton nel 2001, e se Obama decidesse con il sostegno dell’Europa di intimare a israeliani e palestinesi di accettare un compromesso equo e duraturo avrebbe concrete possibilità di essere ascoltato dalla maggioranza dei due popoli. In ogni caso tentare non nuoce, anche perché il tempo stringe.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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