28 maggio 2015 08:50

Esattamente dieci anni fa gli elettori francesi hanno respinto a maggioranza il progetto di costituzione europea attraverso un referendum, e oggi viene da chiedersi come sono cambiate le cose da allora.

La prima constatazione da fare è che il malessere che aveva originato quel rifiuto non è solo sopravvissuto, ma è addirittura cresciuto a causa delle politiche di austerità. Oggi i cittadini europei non hanno idea di dove stia andando l’Unione, di come funzioni e di chi decida cosa e perché.

Il motivo è che il “no” francese ha talmente traumatizzato i leader europei da convincerli che è meglio non parlare troppo di Europa. Anziché rompere con la fatale tradizione di accusare “Bruxelles” di ogni decisione impopolare spiegando che “Bruxelles” non esiste ma sono i 28 paesi dell’Unione a decidere tutto, i governi hanno cullato il mito di una misteriosa e dittatoriale volontà europea imposta ai paesi e alle maggioranze che li guidano.

Il risultato è che gli europei e l’Europa si avvicinano sempre di più al divorzio, proprio mentre il peso dei paesi-continente e dei nuovi stati industrializzati, la forza che la libera circolazione garantisce al capitale e l’accumulo di minacce alle frontiere orientali e meridionali dell’Unione rendono più che mai necessaria l’affermazione di una potenza pubblica europea, capace di imporre un rapporto di forze economico e militare che nessun paese potrebbe avere singolarmente.

La seconda constatazione è che i “no” della destra e della sinistra hanno avuto destini diversi. Quello della destra, improntato al nazionalismo, ha favorito l’affermazione della nuova estrema destra, mentre quello della sinistra (derivato dal rifiuto del liberismo economico) non ha prodotto alcuna rivoluzione in Francia e nei paesi più ricchi ma ha partorito in Grecia e in Spagna nuove sinistre legate all’unità europea e ostili alla legge del profitto che domina il mondo di oggi, in Europa e altrove.

La terza constatazione è che l’unità europea ha resistito alle crisi finanziarie e ha aiutato l’Europa a superarle. L’Unione ha saputo appoggiarsi ai trattati per affrontare le avversità, mentre la Banca centrale ha utilizzato la sua indipendenza per far calare l’euro e il continente si è orientato verso un’unità politica dell’eurozona all’interno di un insieme più vasto, quello dell’Unione.

Oggi sarebbe inutile aggrapparsi a frasi come “io l’avevo detto”. Molto meglio porsi gli unici interrogativi che abbiano senso: gli europei hanno bisogno della loro unità? Se è così, quale tipo di unità gli serve? A quale ritmo? Con quali istituzioni? A quale prezzo?

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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