27 ottobre 2015 09:04

Non è ancora un processo di pace e forse non lo sarà mai, ma una fase diplomatica nuova sulla Siria sembra aver preso il via. Il secondo round si svolgerà martedì sera al Quai d’Orsay, dove il ministro degli esteri francese Laurent Fabius riceverà i rappresentanti delle monarchie petrolifere, degli Stati Uniti, della Turchia, della Germania, dell’Italia e del Regno Unito, ovvero i paesi che più di tutti si oppongono alla permanenza di Bashar al Assad alla guida della Siria.

La cena ufficiale seguirà il primo giro di consultazioni andato in scena venerdì a Vienna, dove i capi della diplomazia russa, americana, turca e saudita hanno parlato a lungo della possibilità di mettere fine a questo conflitto.

A Vienna è stato annunciato un altro vertice a cui potrebbe perfino partecipare l’Iran

Da una parte c’era la Russia, che accetterebbe l’idea di un’uscita di scena del presidente siriano dopo le elezioni, dall’altra tre paesi che sosterrebbero le elezioni solo dopo l’allontanamento di Assad. Per la Russia, l’erede della dittatura che controlla la Siria è un capo di stato legittimo. Per la Turchia, l’Arabia Saudita e gli Stati Uniti, invece, Assad può al massimo negoziare le condizioni della sua partenza.

A Vienna l’incontro poteva essere molto teso, ma alla fine ne è uscito l’annuncio di un nuovo vertice che potrebbe svolgersi venerdì prossimo con la partecipazione di altri paesi arabi, degli stati europei e forse addirittura dell’Iran.

Come sfruttare l’ambiguità di Mosca

Ancora niente è deciso, però qualcosa ha cominciato a muoversi a Vienna, qualcosa di incerto ma concreto. È per questo che i sostenitori dell’allontanamento di Assad si incontreranno martedì a Parigi su iniziativa della Francia.

Ciò non significa che le grandi linee di una soluzione per la Siria siano già state tracciate. Purtroppo non ci siamo ancora arrivati, ma al contempo è evidente che la Russia vorrebbe essere l’artefice di una soluzione della crisi, perché ne uscirebbe rafforzata sul piano del prestigio e perché comincia a sentire la pressione.

In Siria, infatti, le potenze sunnite hanno fornito missili anticarro ad alcuni gruppi ribelli, l’offensiva dell’esercito siriano (sostenuta via terra dall’Iran e dall’alto da Mosca) arranca, altri gruppi di resistenza continuano a essere attivi e il piano di Vladimir Putin – lasciare campo libero allo scontro tra Assad e i jihadisti per spingere la comunità internazionale a scendere a patti con il capo del regime – si sta rivelando più complicato del previsto.

Per questo da una settimana il Cremlino sta intensificando i contatti facendo presente (senza dirlo) che la resistenza potrebbe partecipare al negoziato. La Russia mantiene una posizione ambigua e dunque più aperta, ed è per questo che la Francia e i suoi ospiti di martedì si preparano a parlare con una sola voce in occasione dei prossimi incontri.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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