24 novembre 2015 09:17

L’Europa politica prende il sopravvento sull’Europa monetaria. Questa svolta non è il risultato di un’improvvisa decisione dei 28 capi di stato e di governo dell’Unione europea, ma la diretta conseguenza della situazione attuale, figlia degli attentati dello scorso 13 novembre.

Al di là delle divergenze sulla politica estera e dell’ostilità che diversi paesi provano nei confronti di qualsiasi rafforzamento dell’Unione, i leader europei hanno improvvisamente capito di dover affrontare le stesse sfide sul piano internazionale (in questo caso il gruppo Stato islamico, ma ce ne sono altre) e di dover serrare i ranghi davanti alle minacce che oggi incombono su Bruxelles, la loro capitale comune.

La politica ha prevalso sulle esigenze finanziarie e monetarie

Ne abbiamo avuto la prova il 17 novembre quando, senza discutere, i ministri della difesa europei hanno accolto la richiesta francese di applicare l’articolo 42.7 del trattato di Lisbona in base al quale “nel caso uno stato membro sia oggetto di un’aggressione armata” gli altri stati dell’Unione hanno l’obbligo di “aiutarlo e assisterlo”.

La Francia voleva ottenere materiali sui fronti africani dove è impegnata e una fornitura di armi ai ribelli siriani con cui potrebbe presto lanciare operazioni congiunte contro i jihadisti. In altre parole ha chiesto agli altri 27 stati dell’Ue di partecipare a operazioni all’estero di cui la maggior parte di essi non voleva sentir parlare prima del 13 novembre, e il fatto che l’Unione abbia accolto la richiesta all’unanimità costituisce di fatto un precedente di difesa comune.

Questa evoluzione si è manifestata nuovamente il 19 novembre, quando i ministri dell’interno e della giustizia europei hanno adottato nel giro di poche ore provvedimenti di sicurezza comune e di rafforzamento delle frontiere esterne dell’Unione che da anni erano al centro di estenuanti discussioni, frenate dal nazionalismo di alcuni e dalle difficoltà finanziarie di altri.

L’evoluzione del Portogallo

Infine la svolta è apparsa evidente quando le capitali europee più ortodosse, a cominciare da Berlino, non hanno battuto ciglio davanti all’aumento degli effettivi militari e di polizia in Francia, che inevitabilmente aumenta il deficit infrangendo il patto di stabilità. La sicurezza comune ha preso il sopravvento sul risanamento economico e l’equilibrio di bilancio, mentre la politica ha prevalso sulle esigenze finanziarie e monetarie.

Poi c’è il Portogallo. L’evoluzione della scena politica interna lusitana non ha legami con gli attentati di Parigi, ma si inscrive di diritto nel cambiamento di atmosfera nell’Unione. A Lisbona una coalizione tra la sinistra e la sinistra radicale sembra pronta a prendere il comando. Dopo essere stati superati dalla destra alle ultime elezioni, i socialisti hanno infatti preferito l’unione delle sinistre anziché un’alleanza con la destra, una scelta che ha sancito il rifiuto dell’austerità e non dell’Europa. La scena europea si sta diversificando e la politica torna protagonista.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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