28 gennaio 2016 09:22

Nel mar Cinese meridionale, l’arcipelago delle isole Spratly è uno dei territori più contesi del mondo, rivendicato da Vietnam, Filippine, Malesia, Brunei, Cina e Taiwan. Questa tensione rende queste isole desertiche una polveriera in un’Asia segnata dalle rivalità.

Le Spratly sono un campo minato, ma ecco che Ma Ying-jeou, il presidente uscente di Taiwan, ancora in carica per oltre tre mesi dopo aver perso le presidenziali del 16 gennaio, ha improvvisamente deciso di visitare l’isola principale dell’arcipelago, Taiping, amministrata dal suo paese. È un colpo di scena assolutamente inatteso, anche perché il presidente incarnava una politica di riavvicinamento con la Cina che gli è costata la sconfitta elettorale a beneficio di un’avversaria molto più diffidente nei confronti di Pechino.

Il pensiero al prossimo voto

Probabilmente il presidente sconfitto pensa già alle prossime presidenziali e ha voluto dimostrare di non essere intimidito dall’immensa Cina popolare, che considera la piccola Repubblica di Cina, Taiwan, una sua provincia, nonostante Taipei abbia un’esistenza indipendente, oggi prospera e democratica, da quando i nazionalisti cinesi ci si sono rifugiati dopo la vittoria comunista a Pechino.

Le relazioni tra le due Cine rappresentano una delle questioni più preoccupanti della regione. Le elezioni del 16 gennaio non hanno risolto nulla, e questo rilancio del presidente uscente aggrava ulteriormente la situazione perché l’isola di Taiping è rivendicata sia da Taiwan sia dalla Cina, come il resto delle Spratly.

Al momento è difficile prevedere l’evoluzione dello scenario, ma la sfida gratuita lanciata dal presidente taiwanese preoccupa gli Stati Uniti, che hanno parlato di un gesto che “non contribuisce alla risoluzione pacifica delle divergenze nel mar della Cina”.

In Asia non è il momento di giocare con il fuoco

Anche se il rischio di un conflitto armato non sussiste, la reazione americana fa capire fino a che punto l’Asia sia in fermento.

Al centro di un continente dove i rapporti di forza sono instabili come quelli nell’Europa dei secoli passati, la Cina viene da tre decenni di crescita esponenziale. Ora Pechino si trova in difficoltà e la situazione continuerà a peggiorare. La sua stabilità politica è minacciata, e il timore dei suoi vicini è che il nazionalismo diventi l’unica carta nelle mani dei leader cinesi.

La Cina fa paura a quelli che la circondano perché la sua potenza militare è immensa, come ha dimostrato a Hong Kong, e questo spiega il cambiamento di maggioranza a Taiwan. Il nervosismo crescente si aggiunge alla rivalità sinoindiana, alle tensioni tra India e Pakistan (la Cina è alleata di Islamabad), alle provocazioni nordcoreane e alla concorrenza economica alimentata dall’aumento dei salari cinesi con il trasferimento della produzione in Vietnam e altri paesi.

In sé l’incidente delle Spratly non è particolarmente grave, ma in Asia non è il momento di giocare con il fuoco.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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