25 novembre 2016 09:45

Difficile dire di chi sia la colpa, e forse non è importante, ma resta il fatto che in quest’ultimo dibattito tra i due finalisti delle primarie francesi del centrodestra, tra due uomini che hanno buone possibilità di governare presto il paese, di politica estera si è parlato per sette minuti, orologio alla mano.

È penoso, scioccante e aberrante, perché nulla è più importante dei rapporti internazionali in un’epoca in cui il mondo assiste all’emergere di nuove potenze, al risveglio di imperi decaduti, al ritiro della superpotenza americana, alla crisi dell’Unione europea e all’implosione del Medio Oriente. La diminuzione del numero di oftalmologi è sicuramente un problema, ma la Russia e la crisi siriana sono sicuramente argomenti più importanti. E sette minuti non bastano, tanto più che le posizioni di Alain Juppé e François Fillon sono molto lontane su questi temi.

Allora forse è il caso di riaprire il dibattito. Gli occidentali hanno commesso diversi errori in Russia. Hanno avuto il torto di negare il loro aiuto a Michail Gorbačëv, l’uomo che voleva instaurare la democrazia nel suo paese e trasformare l’Unione Sovietica in un mercato comune di stati indipendenti. In seguito hanno sbagliato ad applaudire Boris Eltsin, perché la sua terapia d’urto si è accompagnata alla barbarie sociale e allo sfruttamento delle ricchezze nazionali, tanto da spingere molti russi a provare disgusto per la democrazia e l’economia di mercato.

Indulgenza vietata
Gli occidentali sono enormemente responsabili per l’attuale ritorno di una Russia dittatoriale, aggressiva, assetata di vendetta. Tuttavia, a prescindere dal passato, il presente ci dice che la Russia di Vladimir Putin si permette di annettere territori in Europa, di invaderne altri e di aiutare, in Siria, un regime abominevole con l’unico obiettivo di rimettere piede in Medio Oriente.

Oggi dobbiamo continuare a parlare della Russia e nessuno ha smesso di farlo, ma in questo dialogo indispensabile l’indulgenza è vietata e la fermezza s’impone, sanzioni economiche comprese.

Non possiamo ridurre le barbarie dei bombardamenti russi e siriani su Aleppo all’inevitabile violenza di una guerra civile. Questi bombardamenti sono inammissibili, tanto più che il conflitto non è affatto uno scontro tra il regime di Assad e il gruppo Stato islamico, che non è presente ad Aleppo e sta perdendo terreno (troppo lentamente ma inesorabilmente) sotto i colpi non dei russi ma della coalizione araboccidentale guidata dagli Stati Uniti. In Siria il problema non è tanto l’Is ma la capacità delle potenze regionali e internazionali di creare un nuovo equilibrio internazionale e ridefinire l’equilibrio regionale tra sunniti e sciiti. Il sostegno incondizionato accordato dalla Russia a Bashar al Assad non fa per niente bene a questa causa.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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