09 febbraio 2017 10:18

E poi è arrivato Trump. Fino all’avvento del nuovo presidente alla Casa Bianca i conservatori polacchi, al potere da due anni, non hanno fatto altro che criticare l’Unione europea, di cui il loro paese fa parte dal 2004.

Certo, i polacchi non volevano uscire dall’Unione perché l’economia nazionale dipendeva troppo dall’Europa unita, ma hanno sempre detestato e denunciato il suo carattere sovranazionale, l’evoluzione dei costumi nelle sue principali capitali, il peso della Germania (considerata dal partito Diritto e giustizia, PiS, come un nemico ereditario) e soprattutto il fatto che la Commissione abbia voluto risolvere la crisi dei profughi dividendone il peso tra tutti gli stati dell’Unione.

La Polonia era talmente ai ferri corti con il resto dell’Unione che a settembre il leader storico del PiS Jarosław Kaczyński si è unito al primo ministro ungherese, il conservatore e nazionalista Viktor Orbán, nell’invocare una “controrivoluzione culturale” che potesse riaffermare gli stati europei contro “l’egemonia” tedesca.

La Brexit che riavvicina
Vista da Parigi e Berlino, la Polonia stava diventando un problema serio, ma quando i britannici hanno accarezzato l’idea di restare nel mercato unico pur chiudendo le loro frontiere ai migranti dell’Unione, i conservatori polacchi si sono improvvisamente avvicinati ai tedeschi, ai francesi e alla Commissione.

Questo perché avevano bisogno del loro appoggio, per il semplice motivo che molti polacchi vivono e lavorano nel Regno Unito, da cui inviano sostanziose rimesse alle famiglie. L’espulsione dei polacchi emigrati sarebbe una catastrofe economica per la Polonia, che per questo motivo ha fatto fronte comune con Parigi e Berlino nell’opposizione netta alle richieste di Londra.

Trump, che non risparmia elogi a Putin e mette in dubbio la sopravvivenza della Nato, ha seminato il panico a Varsavia

Qualcosa, insomma, aveva già cominciato a cambiare nell’Unione, anche perché nel frattempo l’Ungheria di Orbán sembrava volersi riavvicinare a Mosca. E poi è arrivato Trump. A quel punto il cielo è caduto sulla testa dei conservatori polacchi, perché il nuovo presidente statunitense, che non risparmia elogi a Vladimir Putin e mette in dubbio la sopravvivenza della Nato, ha seminato il panico a Varsavia. I polacchi hanno percepito il rischio di ritrovarsi da soli contro la Russia e si sono sentiti talmente isolati da voler ripristinare immediatamente i migliori rapporti possibili con i partner dell’Unione.

Il momento è propizio, perché Francia e Germania hanno bisogno che la Polonia non ostacoli la loro volontà di rafforzare l’integrazione europea creando un’Europa “a più velocità”, un’idea a cui i polacchi si erano sempre opposti. Il 7 febbraio Angela Merkel è arrivata in visita a Varsavia. Alcuni motivi di attrito sopravvivono, ma l’incontro è andato benissimo perché l’idea di una difesa comune europea ha ormai sedotto Jarosław Kaczyński, tanto che l’8 febbraio ha parlato di un ombrello nucleare europeo che trasformerebbe l’Europa in una “superpotenza”, esattamente ciò di cui non aveva mai voluto sentire parlare.

L’Europa non è morta, e per questo deve dire grazie a Donald Trump.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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