23 febbraio 2012 00:00

Un anno dopo la rivolta che ha messo fine al dominio del clan Ben Ali, la Tunisia deve rilanciare il turismo. Come in Egitto, ma forse anche peggio, il disamore dei vacanzieri pone dei problemi economici molto seri. Dopo una campagna pubblicitaria molto aggressiva lanciata sei mesi fa, adesso attraverso toni dolci e suadenti viene suggerito che per un periodo di relax in paesaggi da sogno “non c’è bisogno di andare dall’altra parte del mondo”. Stranamente queste immagini seducenti che riempiono i cartelloni pubblicitari e le doppie pagine delle riviste patinate sono in rotta di collisione con quelle che arrivano da un altro paese della cosiddetta primavera araba.

È piuttosto fastidioso, a volte insostenibile, trovare a poche pagine di distanza le foto che illustrano la sanguinosa attualità che si vive in Siria e questi appelli ai turisti che arrivano dalla Tunisia. A quali di queste immagini dobbiamo fare riferimento? Di quali vogliamo fidarci? Naturalmente hanno obiettivi diversi, ma testimoniano la situazione. Non si può nascondere un certo imbarazzo nel metterle in relazione. Nel credere che dopo il sangue, le vittime civili, i bombardamenti, la ferocia della repressione, dopo l’abbandono del paese da parte del dittatore, arriveranno gli appelli ai turisti a tornare in un paese finalmente pacificato. Caos di immagini. Caos di idee e prospettive.

Caos che si vive quotidianamente, a colori.

Internazionale, numero 937, 24 febbraio 2012

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