23 febbraio 2016 13:26

Per rendere giustizia a questo film si dovrebbe riuscire a scrivere una lunga recensione solo con gli emoji. Un profluvio di teschietti, esplosioni, cuoricini, scoregge, gattini spaventati e cacchine. Tante cacchine. Deadpool è un film torrenziale, logorroico, volgare, demenziale, ipercinetico, rumoroso e slabbrato. E proprio per queste ragioni è molto divertente.

I puristi della Marvel non potranno che apprezzare la maestria con cui il regista Tim Miller ha reso l’essenza di questo antieroe. Deadpool sa di essere un fumetto, perciò entra ed esce da un continuo flusso di coscienza nel quale farnetica e spesso si rivolge a se stesso o direttamente a noi spettatori/lettori. Tutto il film, con la sua ultraviolenza, le sue parolacce, le sue esplosioni, le sue amputazioni tragicomiche è un’allucinazione dello stesso protagonista che non smette mai, ma proprio mai, di parlare.

Deadpool

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Il primo e più autentico superpotere di Deadpool è la parola. Una superlingua che crea un mondo in cui siamo risucchiati nostro malgrado. La logorrea del protagonista diventa anche logorrea visuale: ogni dettaglio (e ce ne sono milioni) è una scheggia acuminata di cultura pop che ti buca la retina.

Borse e lucidalabbra di Hello Kitty, unicorni di peluche, dischi degli Wham!, emoji a raffica e poi un caos di riferimenti che non sono mai catalogatori o saputelli perché sembrano sempre la stanza in disordine di un bambino patologicamente iperattivo. È tale il gioco delle citazioni che il nostro cervello ne cerca anche dove non ce ne sono. Io, per esempio, iperstimolato dai continui rimandi a qualcos’altro, non potevo staccarmi dalla testa che la supercattiva Angel Dust (l’attrice ed ex lottatrice Gina Carano) fosse volutamente una sosia del soprano russo Anna Netrebko. Ora, a mente fredda, posso affermare che la somiglianza (per quanto impressionante) sia una pura casualità.

La gayezza o metrosessualità o polisessualità di Deadpool che è stata notata con zelo dai critici forse meno avvezzi al fumetto è una non notizia: la sua intermittente effeminatezza è solo uno dei tanti aspetti del suo incasinatissimo carattere. E quando la sua bella fidanzata (Morena Baccarin) lo penetra con uno strap-on, in quella maldestra scena di sodomia non c’è nessun senso profondo: succede e basta. E non è certo la cosa peggiore che succede al sedere di Deadpool nel corso del film.

Ryan Reynolds è una pessima scelta di protagonista. E quindi è perfetto. Il suo Lanterna verde (2011) è stato uno dei film di supereroi più sfortunati e accolti peggio di sempre, e solo lui poteva riempire degnamente la tutina da antieroe di Deadpool. Reynolds, sex symbol mancato e attore mai preso davvero sul serio, si tuffa nel personaggio con convincente disperazione.

Siete avvisati, da Deadpool non si torna indietro: qualunque Porky’s vi sembrerà Il raggio verde di Rohmer.

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