19 agosto 2015 15:21

Alcide De Gasperi non è solo il leader del centrismo, ma forse e soprattutto l’uomo di stato e il credente che ha saputo guardare alla democrazia politica e alla forma repubblicana come a un approdo ineludibile per l’Italia. Lungo questo cammino ha subito l’ostracismo del papa dell’epoca, Pio XII, e ha dovuto battere “i conservatorismi” politici ed ecclesiastici.

Di questa democrazia il centro è il parlamento, a cui De Gasperi si è sempre rivolto per ogni decisione chiave assunta negli anni del dopoguerra: nel parlamento si sono misurate le forze politiche e le correnti dei vari partiti di quel periodo, trovando spesso le mediazioni possibili tra diverse posizioni, per raggiungere obiettivi che furono decisivi per il successivo sviluppo del paese. C’è molto di più di una polemica – aspra – con la Lega nord o con una politica degradata, nell’intervento scritto ma non pronunciato da monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza episcopale italiana (Cei), in occasione della lectio degasperiana di Pieve Tesino, in Trentino.

Galantino, dopo la parziale retromarcia innestata in seguito alle polemiche scaturite dall’intervista a Famiglia cristiana (prima pubblicata poi smentita), è tornato sui suoi passi ed è andato oltre. Con il testo su De Gasperi ha infatti tentato un’operazione radicale: chiudere l’epoca Ruini-Bagnasco (anche se quest’ultimo resta il presidente della Cei) segnata dal rapporto privilegiato con il potere politico e con il centrodestra berlusconiano in modo specifico, descrivendo un quadro di riferimento nuovo per la chiesa e i cattolici italiani la cui parola chiave è “autonomia”.

Autonomia dei laici credenti rispetto alle gerarchie ecclesiastiche e al Vaticano. Ma anche autonomia dei vescovi pienamente titolari del loro ruolo di pastori, non limitati insomma da una Santa sede intesa come potere superiore in cui risiede una diplomazia riservata in grado di trattare le questioni d’interesse e d’affari per la chiesa.

Rompere la logica dello scambio – leggi favorevoli alla chiesa in cambio di un consenso della Cei – è uno degli obiettivi di Galantino

In questo senso a essere definitivamente sconfessata è anche la linea del cardinale Tarcisio Bertone il quale, nominato segretario di stato da Benedetto XVI, affermò, in una lettera del 2007 indirizzata al cardinal Bagnasco, che delle questioni italiane si doveva occupare appunto il Vaticano al suo massimo livello. Da lì originò uno scontro di potere tra segreteria di stato e Cei che segnò il pontificato ratzingeriano e fu tra le cause di fondo della crisi nella quale si avvitò il papato. Certo, autonomia significa anche assunzione di responsabilità, e questa maturità nuova richiesta da Galantino e dal papa alla chiesa e ai cattolici, a molti fa paura.

Rompere la logica dello scambio – leggi favorevoli alla chiesa in cambio di un consenso della Cei – è uno degli obiettivi di Galantino, il quale ormai è diventato il riferimento principale per l’episcopato italiano. Tra pochi giorni per altro è previsto che intervenga anche al meeting di Rimini di Comunione e liberazione e vedremo quale messaggio porterà il segretario della Cei al movimento fondato da don Giussani.

Galantino nella sua lectio se l’è presa naturalmente anche con la politica (“piccolo harem di cooptati”), con il populismo leghista (“i populismi sono un crimine di lesa maestà di pochi capi spregiudicati nei confronti di un popolo che freme e che chiede di essere portato a comprendere meglio la complessità dei passaggi della storia”), con un riformismo senz’anima che rischia di diventare “puro movimento”.

Oltre a De Gasperi, Galantino ha citato il sindacalista Giuseppe Di Vittorio, il leader comunista Palmiro Togliatti, che volle il concordato con la chiesa incardinato nella costituzione, Romano Prodi in quanto critico verso il principio dell’uomo solo al comando, il leader socialista Pietro Nenni che parla di De Gasperi nei suoi diari, il costituzionalista Leopoldo Elia e lo storico cattolico Pietro Scoppola, oltre ad Aldo Moro e Amintore Fanfani. Un pantheon così fortemente “prima repubblica” che non poteva non suscitare il fastidio del governo, il quale ormai ha capito una cosa: bisognerà fare i conti con un mondo cattolico frastagliato, non più felpato, in cui si esprimono voci diverse e un episcopato in libera uscita.

Chi pensa, chi adotta, chi realizza queste riforme?

Il tutto è messo al servizio – e qui si comprende che Galantino parla “a nome” del papa – delle sfide contemporanee. “Siamo di fronte – afferma il segretario della Cei – alla necessità non solo di una nuova forma di convivenza fra i popoli, ma anche di un nuovo modello macroeconomico, di una nuova politica industriale, di una politica dei diritti sociali più completa. Chi pensa, chi adotta, chi realizza queste riforme?”. “Esse – ha aggiunto – richiedono una democrazia costruita con un di più di ascolto, un di più di precisione e di attenzione ai dettagli, per adattare i grandi princìpi dell’uguaglianza e della solidarietà a regole sempre nuove di giustizia, che non può rimanere una questione confinata nelle aule dei tribunali”.

Tra le molte cose contenute nella relazione, di particolare rilievo appare poi tutta la lettura data della figura di De Gasperi, leader cattolico europeo, ma appunto uomo non compreso dalla chiesa di Pio XII, protagonista di una emancipazione dell’Italia dai condizionamenti del fascismo: “L’Italia che era entrata in guerra non esisteva più. L’Italia che avrebbe dovuto essere, nessuno ne conosceva con esattezza l’identità: il fascismo aveva in qualche modo corrotto l’anima di un intero paese e le classi dirigenti antifasciste erano state messe all’angolo, se non al confino”.

Qui viene richiamato il ruolo di un’intera classe dirigente che appunto “ricostruisce” il paese, compito divenuto di nuovo attuale. In questa direzione Galantino compie un passo ulteriore e parla espressamente di una chiesa “compromessa col regime fascista” ma non del tutto. In particolare il basso clero, afferma il segretario della Cei, si schierò col popolo e così fu possibile chiamare all’impegno una nuova generazione di politici cattolici. Il tema è appena accennato ma in qualche modo rappresenta l’inizio di una lettura critica – compiuta dagli storici ma non dalle gerarchie – del rapporto fra cattolici, chiesa, papato, fascismo e repubblica.

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