19 settembre 2016 14:25

Un quarto di secolo fa, nelle nostre città, molti giovani sbarcavano il lunario facendo il “pony express”, l’addetto alle consegne espresse. I “pony” si muovevano come trottole e connotavano il paesaggio urbano di un’Italia protesa verso il consumo e la circolazione di merci. Un piccolo investimento in un motorino ed ecco un lavoro dignitoso di cui un ragazzo sveglio poteva vivere.

Ho un amico che conosciamo tutti come K7, la sua sigla da pony in quegli anni; il suo vero nome si è perso nella notte dei tempi. Quell’attività segnava, per molti figli del proletariato di fabbrica, l’ingresso nel mondo del lavoro: padre operaio, figlio pony; il genitore produceva la merce, il figlio la faceva circolare.

Il che rendeva evidente fino all’interno di ogni nucleo familiare che la produzione si stava trasferendo altrove e che noi eravamo sul punto di diventare una società dei servizi. Poi, il trasporto di pacchi e pacchetti è passato a una nuova working class: i migranti, soprattutto sudamericani.

Giro di vite contro gli incidenti
Oggi, nelle città cinesi, il lavoro del giovane kuaidiyuan (abbreviato generalmente in kuaidi) connota il paesaggio urbano con ancora più forza. Sono ovunque, con le loro pettorine colorate e lo scooter elettrico con bauletto: sfrecciano sulle ciclabili in contromano, si fermano qualche minuto a chiacchierare tra loro fumando una sigaretta, dormono in sella al proprio veicolo, ripartono e schivano chiunque incrocino, se sono stanchi non schivano neppure e succede il patatrac.

Di recente, la municipalità di Pechino ha vietato a biciclette e motorini elettrici di circolare in alcune vie centrali della capitale, quelle attorno a piazza Tiananmen. La scusa è che provocano incidenti. Di sicuro pensavano ai kuaidi.

La polizia di Shenzhen è andata ancora più in là: a marzo ha dato un giro di vite contro motorini, tricicli a motore e perfino taxi che trasportano merci senza licenza. Quasi 18mila veicoli sequestrati e 874 conducenti arrestati. Sembra che i cittadini abbiano immediatamente solidarizzato con i “pronta consegna”, tanto che le autorità della metropoli, simbolo della produzione industriale cinese, si sono affrettate a precisare che la tolleranza zero non intendeva colpire l’industria delle consegne.

Con internet si è ridotto al minimo il passaggio tra produzione e consumo, tra la fabbrica e il nuovo ceto medio

La proliferazione dei kuaidi è dovuta al fatto che, mentre in Italia la società industriale è stata sostituita dalla società dei servizi e dei consumi, la Cina continua a essere contemporaneamente “fabbrica del mondo” e mercato in grande espansione. Attraverso internet si è ridotto al minimo il passaggio tra produzione e consumo, tra la fabbrica e il nuovo ceto medio.

Un recente studio dell’Accademia delle scienze cinese ha rivelato che nei prossimi cinque anni chiuderà un terzo dei centri commerciali del paese, che oggi sono circa quattromila (il triplo rispetto agli Stati Uniti). E dato che il commercio è ormai nelle mani dei giganti dell’ecommerce Alibaba e Jd.com, il kuaidi è l’emblema del nostro tempo. E lo è anche perché è un lavoro fisico che al tempo stesso mette in gioco la capacità di interagire con le persone ed è ipersfruttato.

Abbassare i costi
Subito dopo il giro di vite di Shenzhen, una ricerca sulla rivista Gongye Qu Guancha (Osservatore dei distretti industriali) ha rivelato che un kuaidi lavora in media 12 ore al giorno, facendo più di 300 consegne, per 7-8 chili a carico e un totale di almeno un paio di tonnellate, macinando oltre 40 chilometri e arrampicandosi per 46 rampe di scale. Deve inoltre tenere il telefono acceso 24 ore al giorno e pagarsi le bollette se superano i cento yuan.

Il tutto, per un reddito mensile di circa 3.400 yuan (circa 450 euro). Molti di loro sono senza contratto e senza previdenza sociale, dato che le compagnie di consegne in caso d’incidente assicurano solo il mezzo di trasporto. Un datore di lavoro ha commentato: “Così stanno attenti quando guidano”.

Nella biografia di Jack Ma, il fondatore di Alibaba, Alibaba, the house that Jack Ma built, l’autore Duncan Clark scrive: “Senza le consegne a basso costo offerte dai corrieri espressi, Alibaba non sarebbe il gigante che è oggi. Per sopravvivere a una concorrenza spietata, alcune imprese di consegne hanno adottato metodi intelligenti per contenere i costi al livello più basso. A Shanghai, per esempio, i corrieri fanno la spola avanti e indietro in metropolitana, passandosi i pacchi oltre le barriere per evitare di dover acquistare più biglietti”. Qualcosa di molto simile alla vecchia catena di montaggio.

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