20 maggio 2016 13:45

Bolzano non è forse la città che nelle classifiche sulla qualità della vita si colloca da anni ai primi posti? Che detiene il record di abitanti che si spostano in bicicletta? Tutto vero. Ma se le statistiche misurassero anche la qualità della politica, il capoluogo altoatesino con i suoi centomila abitanti calerebbe notevolmente nelle graduatorie.

Il 22 maggio i cittadini sono chiamati alle urne per la quarta volta in un anno (referendum esclusi). A 12 mesi di distanza torna un nuovo ballottaggio per un altro sindaco. Quello uscente, Luigi Spagnolli, dopo mesi di trattative inutili è stato sfiduciato, perché in consiglio comunale le astensioni sono conteggiate come voti contrari.

Da novembre Bolzano è amministrata dal commissario napoletano Michele Penta. Una città litigiosa con 17 partiti e 13 candidati sindaco che si sono sfidati al primo turno. Partiti italiani, tedeschi e interetnici. Con logiche politiche spesso astruse e risultati sorprendenti. Anche se tre quarti degli abitanti sono di madrelingua italiana, la Südtiroler Volkspartei (Svp) è risultata primo partito con il 17 per cento delle preferenze, ma senza portare il suo candidato al ballottaggio. Sfida nella quale domenica si affronteranno – senza suscitare troppe emozioni – l’ex city manager Renzo Caramaschi per il Partito democratico e il dentista Mario Tagnin per il centrodestra.

Per capire la politica di Bolzano è utile sapere che è la città di Michaela Biancofiore (“Sono una fondamentalista berlusconiana”). In dieci anni l’amazzone azzurra è riuscita letteralmente a demolire Forza Italia (Fi), provocando liti a cascata. Alle ultime elezioni provinciali Forza Italia insieme alla Lega e a una lista civica è arrivata al 2,5 per cento: un disastro. Questa volta Silvio Berlusconi ha mandato a Bolzano la commissaria regionale del partito, Elisabetta Gardini, che ha imposto il candidato sindaco Tagnin (e Biancofiore l’ha presa come uno sgarbo personale).

Entrambi i candidati del ballottaggio partono con un notevole handicap: nessuno dei due può disporre di una maggioranza omogenea in consiglio comunale. Anche a Bolzano si sono infatti rafforzati i partiti antisistema: il 6,2 per cento all’ultradestra di Casapound (“Bolzano ai bolzanini”), l’11,6 per cento al Movimento 5 stelle, che rifiuta sdegnosamente di stringere alleanze con i rappresentanti della “vecchia politica”. La Svp sostiene il candidato Pd, chiedendo un’improbabile “Grosse Koalition” con l’avversario Tagnin perché non vuole più coalizzarsi con i Verdi (6,1 per cento), bollati come eterni bastian contrari. E senza il partito fondato da Alex Langer negli anni ottanta, Caramaschi non dispone di una maggioranza.

Mentre i partiti si azzuffano, il commissario si occupa delle cose concrete. In pochi mesi ha sbloccato molti progetti fermi per veti incrociati e proteste e i cittadini hanno dimostrato di gradire. Ha indetto un referendum sul discusso progetto del magnate austriaco René Benko per un centro commerciale con albergo, uffici e appartamenti vicino al duomo, che da due anni provocava polemiche interminabili. Progetto approvato dal 65 per cento degli elettori.

La complicazione del voto etnico

A Bolzano, municipio e palazzo della provincia sono vicinissimi, ma la distanza politica è notevole. Perché su tutte le infrastrutture importanti l’onnipotente provincia ha voce in capitolo. Lì il rapporto etnico di Bolzano si capovolge: tre quarti di lingua tedesca, un quarto di italiani. E mentre la giunta provinciale è percepita come decisionista, quella comunale è criticata per la sua tendenza al rinvio.

Un rapporto sofferto, dove s’intrecciano anche pregiudizi e insofferenze etniche. La recente proposta di Matteo Salvini, favorevole a un referendum sull’autodeterminazione del Sudtirolo, ha disorientato la maggioranza degli abitanti di lingua italiana. Alle elezioni l’appartenenza etnica si esprime in logiche spesso sottili: mentre Verdi e M5s prendono da entrambi i gruppi etnici, quelli di Casapound, Svp e Forza Italia sono partiti monolingui.

In molti si chiedono perché in una città così profondamente ferita dal fascismo, con benessere diffuso e qualità di vita elevata, Casapound abbia potuto cogliere un risultato così significativo. Il motivo? Un non meglio definito disagio sociale, mancanza di sicurezza, troppi immigrati, disattenzione del comune – le solite questioni.

Alla stazione della città si è esaurito il fiume di migranti diretti verso il Brennero. I pochi che ci provano sono intercettati dalle pattuglie di polizia. Nell’hotel Alpi, situato a ridosso della stazione e acquistato dall’immobiliarista Benko, ora vive un centinaio di immigrati africani. Tra poco sarà abbattuto per far posto al discusso centro commerciale. E saranno nuove liti nell’inquieto capoluogo. Che si ripeteranno anche fra tre settimane al referendum per l’allargamento dell’aeroporto, sul quale favorevoli e contrari si stanno dando battaglia da settimane.

Ai bolzanini non mancano certo i motivi per lamentarsi. Ma manca il coraggio di voltare pagina. Così al ballottaggio l’astensione toccherà quasi sicuramente il 50 per cento (o forse ancora di più, come 12 mesi fa). Intanto, il prossimo commissario è già dietro alla porta.

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