23 ottobre 2016 17:53

Roberto Alajmo, Carne mia
Sellerio, 290 pagine, euro 16,00

Roberto Alajmo, l’autore di Cuore di madre ed È stato il figlio, torna al suo ambiente e al suo tema prediletti: la Palermo del proletariato marginale – che conosciamo anche attraverso Maresco, Ciprì, Roberta Torre e il cinema e il teatro di Emma Dante – e la famiglia, l’intreccio carnale, affettivo e culturale. Siamo al Borgo Vecchio di Palermo, la capitale siciliana, nella piazza col piccolo mercato dove ci si può rifornire ogni giorno dell’anno.

Il padrone di una bancarella scompare, storie di piccola mafia, ma restano la moglie e due figli, uno dei quali si dà alla droga e con l’odiosa compagna fa un figlio. Vivono alle spalle di madre e fratello, angariandoli. Delitto. Fuga e nuova vita del fratello “buono” e assassino e della madre in Spagna, a Murcia. Ma il passato ritorna, e il conflitto riguarda ora due bambini, il figlio dei morti ammazzati trattato dallo zio come suo e il figlio che questi ha avuto sposando un’ungherese.

Ancora la storia di Caino e Abele? Lo dirà il finale, che sarà comunque sconsolante. In tempi di noiosi scrittori che si mettono in mostra senza niente da dire, Roberto Alajmo sa raccontare e trova una sua maniera rapida e ironica, da antropologo di una cultura marginale che osa guardare all’essenza animale dei nostri comportamenti. E questa storia è più terribile e ha più suspense di qualsiasi ricamo giallo.

Questa rubrica è stata pubblicata il 14 ottobre 2016 a pagina 82 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati

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