05 novembre 2014 13:12

“Stiamo facendo ipotesi su cosa potrebbe avere detto Angela Merkel a proposito di qualcosa che David Cameron, forse, dirà in futuro”, ha dichiarato il parlamentare conservatore britannico David Davis. Quindi si tratta di una sciocchezza?

Non proprio: la cancelliera tedesca, infatti, sta tirando il tappeto sotto i piedi del premier britannico. Anche se fa la voce grossa pretendendo di rinegoziare le regole di permanenza del Regno Unito nell’Unione europea, sembra dire Merkel, Cameron non ha niente in mano.

Al vertice dell’Ue, il 25 ottobre, Cameron ha detto che cambiare le regole attuali sulla libertà di movimento dei lavoratori all’interno dell’Unione sarà “al centro della strategia per riaprire la discussione con l’Europa”. No, ha risposto Angela Merkel, non funzionerà: “Quello della libertà di movimento è un principio fondamentale. Non ci metteremo a modificarlo”.

In altre parole, se a Cameron non piacciono le regole dell’adesione, affari suoi. Può indire un referendum se vuole, e uscire dall’Unione se lo vince. Ma non c’è alcuna possibilità che riesca a spingere gli altri 27 paesi dell’Ue a cambiare le regole fondamentali dell’organizzazione solo per risolvere i suoi problemi politici interni.

In realtà, Merkel cercherà di assicurarsi che Cameron perda le elezioni britanniche del 2015 in modo che non ci sia nessun referendum sull’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. Da politica esperta, però, Merkel ha fatto arrivare questa parte del suo messaggio in modo da poterla anche smentire.

Sono stati i funzionari dello staff personale di Merkel e del ministero degli esteri tedesco a informare il settimanale Der Spiegel sulle intenzioni della cancelliera al riguardo. Non hanno voluto essere identificati, e hanno lasciato agli osservatori il compito di prevedere che impatto avranno le parole di Merkel sulle possibilità di rielezione di Cameron.

Recentemente Cameron ha parlato di “quote” per i lavoratori meno qualificati che vogliono migrare nel Regno Unito dagli altri paesi europei, in un tentativo disperato di aggirare le regole dell’Ue. “Se Cameron insisterà con le sue idee sulle quote, la cancelliera abbandonerà il suo impegno per mantenere il Regno Unito nell’Unione europea”, ha dichiarato lo staff di Merkel allo Spiegel. “In questo modo si arriverebbe a un punto di non ritorno”. Prendere o lasciare.

Merkel ha lanciato un contrattacco che potrebbe affondare Cameron. Dicendo chiaro e tondo che la sua strategia di “ridiscussione” non può funzionare, sta avvisando gli elettori britannici che votare per i tory di Cameron alle elezioni di maggio significa votare per l’uscita dall’Ue. Le elezioni si trasformano così in un referendum sulla permanenza nell’Ue, un referendum che, secondo Merkel, ovviamente Cameron perderà.

Probabilmente ha ragione. Nonostante l’isteria dei mezzi d’informazione di destra sull’invasione degli immigrati dai paesi più poveri dell’Ue, il sostegno dell’opinione pubblica britannica all’appartenenza all’Unione europea non è mai stato così alto dal 1991. È appena al 56 per cento, ma è comunque molto più alto del 44 per cento che lo stesso sondaggio Ipsos aveva rilevato solo due anni fa.

La verità è che solo il 13 per cento della popolazione britannica è “nato all’estero”, la stessa percentuale che si trova negli Stati Uniti o in Germania. Gli immigrati non rubano il lavoro ai britannici: il Regno Unito ha uno dei tassi di disoccupazione più bassi d’Europa.

Il problema è la percezione dei problemi, in particolare quella di chi normalmente vota per i conservatori.

I mezzi d’informazione britannici di destra, come quelli di molti altri paesi, alimentano il nazionalismo e la diffidenza nei confronti degli stranieri, sentimenti sempre più diffusi tra gli anziani e le fasce di popolazione più povere. Ed è semplice affermare che queste persone si sentono emarginate perché qui arrivano troppi stranieri, che vivono alle spalle dei contribuenti e rubano il lavoro. Una versione dei fatti che ha facile presa.

Il Regno Unito attira più lavoratori europei che in passato perché la sua economia sta meglio di quella tedesca, francese, spagnola eccetera. I numeri non sono impressionanti, ma secondo le norme dell’Unione il Regno Unito non ha alcun diritto di bloccarli. Il risultato è che il nazionalismo euroscettico e la xenofobia sono diventati più forti, anche se solo a destra.

Normalmente questo dovrebbe andare a vantaggio del Partito conservatore, dato che i suoi elettori più reazionari spesso condividono tali opinioni. In tempi normali, quando al potere ci sono persone ragionevoli, il partito fa incetta di questi voti ma senza pensare di fare una cosa così stupida economicamente come uscire dall’Unione europea.

Cameron fa parte delle persone ragionevoli, che sono la maggioranza nel Partito conservatore, e personalmente non è ostile all’Ue. Ma la rapida ascesa del Partito per l’indipendenza del Regno Unito (Ukip), creato appositamente per attirare il voto di protesta contro l’Ue e gli immigrati, ha scatenato il panico nella destra del Partito conservatore.

Cameron ha dovuto spostarsi sempre più a destra per placare gli animi e competere con l’Ukip, perciò non può più permettersi di essere ragionevole sulla questione. Merkel l’ha capito, e ha tolto credito al premier britannico, anche se è un conservatore come lei.

La sua strategia ora è costringere Cameron ad adottare una posizione apertamente euroscettica, spaccando l’elettorato britannico di destra tra i conservatori e l’Ukip e spianando la strada alla vittoria dei laburisti alle elezioni del 2015. Perché questo è l’unico modo di mantenere il Regno Unito nell’Unione europea.

(Traduzione di Gabriele Crescente)

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