04 marzo 2015 15:44

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha finalmente tenuto il suo temutissimo discorso al congresso degli Stati Uniti, e non è stata la fine del mondo.

Ha lanciato il solito raccapricciante monito sul fatto che l’Iran sta per realizzare armi nucleari, lo stesso che continua a ripetere da ormai vent’anni, senza che nessuno replicasse. Al contrario, i membri del congresso repubblicani e quei pochi democratici che si sono degnati di presentarsi gli hanno concesso il consueto caloroso applauso.

Il presidente Barack Obama è stato invece profondamente infastidito dopo gli attacchi di Netanyahu alla sua scelta di negoziare con l’Iran, e si è rifiutato di incontrarlo mentre era a Washington. Il segretario di stato John Kerry è rimasto così irritato dalle affermazioni di Netanyahu, secondo le quali l’accordo su cui sta lavorando con l’Iran potrebbe “spianare la strada alla bomba” invece che sbarrarla, da affermare pubblicamente che il primo ministro israeliano “potrebbe essere in errore”.

Non era mai successo che un presidente statunitense rifiutasse di incontrare un primo ministro israeliano in visita o che un’alta carica del governo statunitense sostenesse che quello stesso primo ministro ha torto. Tuttavia il sostegno automatico degli Stati Uniti a Israele dovrebbe proseguire ancora per un bel po’. E l’azzardo di Netanyahu potrebbe garantire qualche voto in più al suo partito, il Likud, alle elezioni israeliane del prossimo 17 marzo che rappresentano il vero motivo della sua visita.

Netanyahu conosce i suoi concittadini e ha sempre saputo sfruttare con successo la loro intrinseca paura che un altro paese mediorientale possa ottenere armi atomiche. Gli israeliani non hanno davvero bisogno della prova che gli iraniani (o chiunque altro) stiano davvero sviluppando tali armi. In realtà, la loro ansia sull’argomento è talmente radicata da resistere alle rassicurazioni dello stesso esercito israeliano e delle comunità di intelligence sul fatto che l’Iran non sta lavorando allo sviluppo di armi nucleari.

Recentemente, è stata recapitata ad Al Jazeera una serie di documenti segreti riguardanti i contatti del Sudafrica con i servizi segreti di altri paesi. Tra questi c’era un messaggio del 2012 proveniente dal Mossad, il servizio di intelligence israeliano, che affermava che l’Iran non stava “effettuando le operazioni necessarie per costruire armi (nucleari)”. La popolazione di Israele ha tirato un grande sospiro di sollievo? Certo che no.

Il 1 marzo, 180 ex generali e comandanti dell’esercito israeliano, del Mossad, dello Shin Beth (l’agenzia per la sicurezza interna) e della polizia nazionale hanno tenuto una conferenza stampa congiunta in cui pregavano Netanyahu di non danneggiare ulteriormente il rapporto strategico tra Stati Uniti e Israele con il suo provocatorio discorso al congresso. I cittadini israeliani si sono uniti al grido di protesta? No.

I sondaggi mostrano che due terzi degli israeliani vorrebbero che Netanyahu perdesse le elezioni, soprattutto perché la sua presidenza ha coinciso con un’impennata del costo della vita, in particolare per quanto riguarda gli alloggi. Ma sulle questioni di sicurezza la maggioranza è con lui: è quindi naturale che si concentri su tali questioni.

Gli israeliani probabilmente sbagliano a preoccuparsi così tanto delle armi nucleari iraniane. Ci sono stati due periodi in cui l’Iran ha seriamente pensato di fabbricarle, effettuando alcuni lavori preliminari sullo sviluppo degli ordigni e l’arricchimento dell’uranio. Ma in nessuno dei due casi pensava di usarle contro Israele.

La prima volta è stato negli anni ottanta, quando l’Iraq di Saddam Hussein ha attaccato l’Iran (con il sostegno degli Stati Uniti) in una guerra che ha provocato 250mila vittime iraniane. All’epoca era Saddam che stava cercando di sviluppare armi nucleari e l’Iran si è sentito obbligato a tenere il passo.

Ma dopo che Saddam è stato sconfitto dagli eserciti occidentali e arabi nella guerra del Golfo del 1990-1991 e gli ispettori delle Nazioni Unite si sono occupati di smantellare il programma nucleare iracheno, Teheran ha perso interesse nello sviluppo di un proprio arsenale nucleare. Nel 1998 si sono nuovamente spaventati e hanno riattivato il programma quando un altro vicino, il Pakistan, ha testato le nuove armi nucleari in suo possesso.

Non hanno compiuto molti progressi, ma hanno continuato a lavorarci in maniera sporadica fino al 2002, quando un gruppo terroristico nemico del regime, i Mujahidin del popolo iraniano (finanziati anche da Israele), hanno rivelato l’esistenza del programma nucleare, costringendo Teheran ad abbandonarlo. Negli ultimi tredici anni non è successo più niente.

Ciò che Netanyahu teme davvero non sono le armi nucleari iraniane, ma di essere mandato a casa dagli elettori israeliani. La sua risposta è stata la stessa di sempre: presentarsi come l’unico uomo capace di garantire la sicurezza di Israele, anche se questo significa tagliare i ponti con un presidente statunitense che ha ancora due anni di mandato.

Per quanto riguarda i suoi interessi personali, può darsi che stia facendo la scelta giusta. Il suo partito di destra, il Likud, e la coalizione di centrosinistra Unione sionista sono testa a testa negli ultimi sondaggi. Ma se il suo show a Washington dovesse portargli anche solo una manciata di voti in più, potrebbe restare al potere fino alla fine del decennio.

(Traduzione di Federico Ferrone)

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