30 marzo 2016 10:09

Il 4 aprile l’accordo tra Unione europea e Turchia per ridurre l’afflusso di profughi in Europa entrerà in vigore. E salterà immediatamente, per tre ragioni.

Primo problema: l’Unione non sarà in grado di “trattare” i profughi in arrivo con la stessa velocità con cui ne arriveranno di nuovi. Ogni giorno nelle isole greche di Chio e Lesbo arrivano circa duemila persone, e con l’arrivo dell’estate saranno anche di più a tentare la breve traversata dalla Turchia.

Finora i profughi sono stati rapidamente trasferiti nella Grecia continentale, ma l’accordo con la Turchia prevede che d’ora in avanti i nuovi arrivati saranno ammassati in campi di detenzione sulle isole, in attesa che la loro domanda d’asilo sia esaminata. Le condizioni di vita diventeranno intollerabili e scateneranno proteste anche violente.

L’Unione ha previsto il dispiegamento di quattromila persone tra guardie, funzionari e traduttori per registrare i nuovi arrivati ed esaminare le loro richieste d’asilo. Anche se questi funzionari fossero davvero presenti sulle isole (la maggior parte di loro non è ancora arrivata), non sarebbero abbastanza. Serve tempo per intervistare i richiedenti, mettere per iscritto le loro richieste, decidere se accoglierli o respingerli e autorizzare dei ricorsi. E nel frattempo continueranno ad arrivare duemila persone al giorno.

Secondo problema: nel giro di un paio di settimane arriverà il momento in cui i primi richiedenti asilo saranno rispediti in Turchia. Dopo aver speso tutto il loro denaro e aver sopportato grandi difficoltà per arrivare in Grecia, non accetteranno di tornare indietro. Bisognerà ricorrere alla forza per mettere alcuni di loro sugli aerei o sulle barche che li riporteranno indietro, e potrebbero esserci delle vittime.

Terzo problema: in base all’accordo a giugno i cittadini turchi otterranno il diritto di entrare nell’Unione europea senza visto. Circa un quinto dei cittadini turchi, tra i 15 e i 20 milioni di persone, sono curdi. Dall’estate scorsa il governo del presidente Recep Tayyip Erdoğan, dopo aver rotto un cessate il fuoco durato due anni con i separatisti del Partito curdo dei lavoratori (Pkk), sta portando avanti una guerra senza quartiere contro di loro nelle città e nei villaggi della Turchia sudorientale.

L’unico modo di sigillare davvero una frontiera è uccidere le persone che cercano di attraversarla

Alcune città a maggioranza curda della Turchia somigliano ormai alle città siriane distrutte dalla guerra. I curdi, in quanto cittadini turchi, potranno entrare nell’Unione europea non come rifugiati ma come turisti, e sarebbe molto strano se diversi milioni di essi non sfruttassero una simile opportunità. L’afflusso degli arabi siriani sarà semplicemente sostituito da quello dei curdi turchi.

Ma in realtà non si arriverà mai a questo punto. L’accordo naufragherà ben prima che il regime dei visti sia abolito, perché verrà automaticamente annullato se il numero dei respingimenti raggiungerà quota 72mila. Ai ritmi attuali questa cifra sarebbe raggiunta in poco più di un mese.

Questo accordo aveva due obiettivi: ridurre drasticamente il numero di richiedenti asilo nell’Unione (nel 2015 ne sono arrivati più di un milione) ed evitare le morti in mare: dall’inizio del 2016 sono annegate 460 delle 143mila persone che hanno tentato la traversata. Ma la verità è che l’accordo non funzionerà.

L’unico modo di sigillare davvero una frontiera è uccidere le persone che cercano di attraversarla illegalmente. Dopo qualche centinaio di morti gli altri capirebbero il messaggio e smetterebbero di provarci. La cortina di ferro, per esempio, funzionava piuttosto bene. Ma gli europei non sono ancora disposti ad arrivare a tanto.

L’ultima carta

E se invece rispedissimo in Turchia quasi tutti quelli che riescono ad arrivare nelle isole greche, ma promettessimo di accogliere un siriano che ha diritto all’asilo e si trova in un campo profughi turco per ogni siriano senza diritto all’asilo che rispediamo in Turchia? Il governo turco lo accetterebbe se gli dessimo tre miliardi di euro ora, gli promettessimo altri tre miliardi in seguito e permettessimo ai suoi cittadini di entrare nell’Unione senza visto. L’accordo sarebbe vantaggioso per tutti, da ogni punto di vista. Che problema ci sarebbe?

Il problema è che ci sono circa 2,5 milioni di profughi siriani in Turchia, e la maggioranza di loro non vivono nei campi. Se hanno davvero diritto d’asilo perché dovrebbero mettersi in coda e aspettare? E per chi non è siriano, come per esempio gli afgani, gli iracheni e gli africani, quale sarebbe l’incentivo a non salire su una barca e tentare la sorte?

L’Unione europea non ha ancora fatto ricorso all’argomento con cui potrebbe averla vinta: affermare che i profughi sono già al sicuro in Turchia, che formalmente è ancora una democrazia e uno stato di diritto, e quindi non hanno diritto di andare a chiedere asilo in altri paesi a loro più graditi. Ma quando questo accordo naufragherà, è difficile che l’Europa rinunci a giocare questa carta.

(Traduzione di Federico Ferrone)

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