13 dicembre 2014 14:41

Tra le carte del Mondo di mezzo, l’inchiesta che ha svelato l’esistenza di una mafia romana capace di mettere le mani sugli appalti del Campidoglio e non solo, c’è anche una lettera indirizzata al presidente del consiglio. Tema: il piano nazionale d’accoglienza per i migranti.

La Repubblica “Nessuno può chiamarsi fuori”. Recita così la lettera sul piano nazionale d’accoglienza indirizzata al presidente del consiglio, Matteo Renzi. A scriverla, il 18 settembre, poche settimane prima dell’arresto, è Luca Odevaine, l’ex vicecapo di gabinetto di Walter Veltroni, passato a procacciare appalti e migranti da accogliere nelle strutture controllate da Mafia capitale. Salvatore Buzzi, presidente della cooperativa 29 giugno al centro dell’inchiesta su Mafia capitale, si lamenta nelle intercettazioni di doverlo pagare cinquemila euro al mese. Ma Odevaine ha anche una sua fondazione, Integra/azione (di cui per altro è socia Legambiente). E a nome della sua fondazione scrive per accreditarsi come esperto del settore presso il premier: “Ciascuno deve fare la sua parte”, dice Odevaine.

L’Espresso Non solo Roma. Mafia capitale voleva mettere le mani anche sul resto della penisola. In particolare, puntavano sugli appalti per l’accoglienza dei richiedenti asilo. “Volevano tutta l’Italia”, scrive nel numero in edicola questa settimana Lirio Abbate, il primo ad aver rivelato l’attività criminale di Massimo Carminati, ex terrorista dei Nuclei armati rivoluzionari. “La figura forse più inquietate è quella di Luca Odevaine”, scrive Abbate, che misura quanto vasto fosse il suo raggio d’azione in questo campo. Da Roma, dove vanta rapporti direttamente con il Viminale, al centro d’accoglienza di Mineo, in Sicilia. “Il presidente della commissione lo faccio io… è una gara finta”.

Corriere della Sera Era già tutto scritto nel rapporto che i due ispettori, mandati a verificare come fossero state gestite le finanze della capitale che chiedeva per la seconda volta soccorso allo stato, consegnarono alla Ragioneria dello stato. Tutto forse no. Ma almeno una parte dell’imbroglio era già svelato in quelle pagine: senza gara pubblica, scrivevano gli ispettori, il consorzio Eriches 29, un pezzo dell’impero cooperativo messo in piedi da Salvatore Buzzi, si era aggiudicato l’appalto per l’assistenza abitativa temporanea. Un business che oggi Sergio Rizzo ricostruisce sul Corriere della Sera. Dagli immobili in cui vengono sistemate le famiglie “in emergenza abitativa”, che il comune sistematicamente prende in affitto da privati e costruttori, alla gestione dei servizi che invece viene affidata a una serie di cooperative tra cui spicca il consorzio Eriques 29 di Salvatore Buzzi. Che si aggiudica un appalto da 796mila euro, senza gara, come invece prevede la legge. Non solo, la galassia di Buzzi aveva messo su anche delle società immobiliari, come la Sarim che affitta al comune il centro d’accoglienza di via Santa Maria di Loreto, per gestire l’intera filiera.

Il Fatto Quotidiano Confermata l’aggravante mafiosa. Restano in carcere Massimo Carminati e gli altri arrestati. Il tribunale del riesame ha respinto le richieste avanzate dai difensori. Intanto sul sito del Fatto Quotidiano viene pubblicato un documento molto interessante: il piano anticorruzione del comune di Roma, firmato da Walter Politano, anche lui finito nella lista degli indagati di Mafia capitale.

Il Fatto Quotidiano/2 “I primi risultati dell’operazione nota come Mafia capitale non lasciano dubbi”. Parola di Gian Carlo Caselli, che per sette anni, dopo l’uccisione di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, è stato procuratore a Palermo. Anche in assenza di “punciute” (il rituale di affiliazione alla mafia che si pratica facendo sanguinare il polpastrello con uno spillo), i comportamenti portati alla luce dall’indagine della procura di Roma sono di tipo mafioso: “Riconducibili al 416 bis”. E se Caselli parla di una allergia per la legalità della classe dirigente che riaffiora ciclicamente nella storia della repubblica italiana, la “speranza di salvare ancora la democrazia” non è morta: “Dobbiamo ritrovare quella coscienza civica collettiva che dopo le stragi di mafia del 1992 ci ha consentito di fare resistenza e di salvare l’Italia dal baratro in cui esse volevano cacciarla”.

Il Sole 24 Ore Marco Ludovico e Ivan Cimarrusti analizzano i bilanci della galassia cooperativa in mano a Salvatore Buzzi. Ne emerge il racconto di “una scalata imprenditoriale senza precedenti”. In nove anni la cooperativa 29 giugno di Buzzi ha aumentato il patrimonio netto del 147,7 per cento passando da 3 milioni e 689 mila euro (nel 2004) a 9 milioni e 140mila euro (nel 2012).

Linkiesta Diversi quotidiani oggi riprendono una notizia che per prima Linkiesta ha scovato tra le carte della procura di Roma. Salvatore Buzzi ha una sorella che occupa una posizione di primo piano nel ministero dei beni culturali: Annamaria Buzzi, assunta al ministero nel 1977, dal 2012 è direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale. E, secondo indiscrezioni, puntava a essere nominata alla direzione generale dei musei. Con l’inchiesta lei non c’entra. Anche se Buzzi si adopera (regalando un orologio di Bulgari a un membro della commissione esaminatrice) per raccomandare sua figlia, Irene Turchetti, al concorso per istruttore amministrativo bandito dal comune di Roma. Il sindacato Uil chiede che il ministro Dario Franceschini la metta fuori ruolo.

Avvenire La notizia è pubblicata anche sugli altri giornali: il comune di Roma si dichiara parte offesa, in attesa di costituirsi parte civile al processo. Il quotidiano dei vescovi pubblica anche un commento dell’ex ministro Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant’Egidio. Si intitola: “Scuse da chiedere e animata da ritrovare”.

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