19 maggio 2015 11:12

Stress è una di quelle parole che possono assumere tanti di quei significati da rischiare di non significare più nulla. Se vi dicessi che ho avuto una giornata “molto stressante” perché dovevo andare in troppi posti, pensereste semplicemente che sono stato un po’ melodrammatico. Ma se foste gli unici sopravvissuti di un autobus turistico che è precipitato in una scarpata, potreste ragionevolmente dire che gli anni successivi sono stati “molto stressanti”.

Un concetto così ampio non può che essere ambiguo. Nel suo nuovo libro The upside of stress (Il lato positivo dello stress), la psicologa Kelly McGonigal lo dimostra chiaramente citando uno studio condotto nel 2011 su trentamila statunitensi, secondo il quale lo stress era legato a un aumento del 43 per cento del rischio di morte. Guarda caso, però, questo aumento riguardava solo quelli che pensavano che lo stress fosse dannoso per la salute.

Questa non è l’unica prova del fatto che c’è qualcosa che non va nell’ipotesi che essere stressati equivalga a essere infelici, mentre una vita priva di stress sia pura beatitudine. Dai sondaggi emerge che nei paesi in cui è più stressata la gente è anche più felice, e viceversa. Gli abitanti della Mauritania, per esempio, sono tra i più infelici del mondo, anche se il loro livello di stress è molto basso.

Un livello più alto è invece spesso associato a una vita più piena, e alcuni studi suggeriscono addirittura che ridurre lo stress possa provocare la depressione. Il che è imbarazzante, perché significa che tutti quei libri su come vincere lo stress e tutte quelle pubblicità che invitano a fare vacanze rilassanti potrebbero peggiorare le cose rinforzando la convinzione che dobbiamo evitarlo.

Solo un noioso sostenitore del pensiero positivo potrebbe concludere che basta uno schiocco di dita per smettere di trovare sgradevole lo stress. Ma questo non significa che non possiamo riformulare il concetto, considerarlo “neutro” rispetto alla felicità. A volte è causa di sofferenza, altre serve da stimolo, proprio come un peso da venti chili è letale se ci cade in testa, ma è utile in palestra. In fondo, scrive McGonigal, non è sbagliato dire che “l’effetto che ti aspetti è quello che otterrai”. Da uno studio condotto sulle cameriere d’albergo è emerso che quando erano incoraggiate a pensare che il loro lavoro fosse un buon esercizio fisico stavano meglio, mentre questo non succedeva se lo vedevano solo come una fatica.

Avrete già intuito le sinistre potenzialità politiche di questa scoperta. Se potessimo convincere tutti che i mestieri faticosi e i carichi di lavoro eccessivi sono una cosa positiva, perché dovremmo preoccuparci di costruire una società più sana? Ma sarebbe una deduzione sbagliata: solo perché le cameriere di albergo riescono a vedere un lavoro massacrante come un’opportunità di crescita, non significa che sia giusto così.

Comunque questa riflessione ci aiuta a capire che lo stress non è sempre quello che sembra, e che un compito apparentemente sfiancante può essere reinterpretato come una piacevole sfida. Un consiglio che si sente spesso è che dovremmo smettere di dire “devo” (presenziare a un evento, fare un viaggio) e cominciare a dire “ho l’opportunità di”. Sono solo chiacchiere? Forse. Ma potete sinceramente affermare di non esservi mai lamentati di qualcosa che altre persone sarebbero molto contente di poter fare? Io no. Lo ammetto, anche a me piace lamentarmi. Ma teniamo fuori i miei problemi psicologici da questo discorso.

(Traduzione di Bruna Tortorella)

Come farsi amico lo stress, di Kelly McGonigal

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