27 giugno 2013 09:11

La destra italiana riuscirà un giorno a fare a meno di Silvio Berlusconi, che recentemente è stato condannato in primo grado a sette anni di prigione per prostituzione minorile e per concussione, e a quattro anni in appello per frode fiscale?

Entrambe le condanne sono accompagnate dall’interdizione dai pubblici uffici (perpetua nel primo caso, per cinque anni nel secondo) e questo significherebbe – una volta finiti tutti i possibili ricorsi – la sua esclusione dalla vita parlamentare e istituzionale del paese. Da qui la tentazione di cambiare cavallo, rimanendo però nella stessa scuderia e conservando la stessa casacca.

Evocata periodicamente, l’ipotesi di affidare le redini della destra a Marina Berlusconi, la figlia maggiore del Cavaliere, sta riprendendo corpo in questi giorni a Roma. Non ha forse criticato duramente il verdetto sul Rubygate, ancora più duramente dei presunti collaboratori dell’ex presidente del consiglio? Per i sostenitori di una sua eventuale candidatura in caso di caduta del governo di Enrico Letta, gli indizi sono sufficienti per ritenere possibile questa ipotesi, nonostante le sue regolari smentite.

Imprenditrice come il padre (dirige il gruppo editoriale Mondadori, fa parte del consiglio di amministrazione di diverse società della Fininvest, la holding di controllo delle imprese di famiglia), sposata con un famoso ex ballerino della Scala di Milano, madre di due figli, Marina Berlusconi ha tutte le qualità del padre senza i suoi difetti più evidenti. Con lei non si corre il rischio di aprire il processo al berlusconismo.

Ma soprattutto è la depositaria del “marchio” Berlusconi. A destra sono in molti a ritenere che questo nome da solo permetta di vincere delle elezioni, di ottenere delle rimonte fantastiche, dei

Blitzkrieg vincenti. Del resto l’entrata in campo nel corso delle ultime elezioni politiche di Silvio ha salvato il suo partito da una sconfitta certa, anche se ha perso otto milioni di voti rispetto al 2007. Al contrario la sua discrezione in occasione delle elezioni locali ha portato a un disastro per il suo schieramento.

Nepotismo? Niente affatto, osservano i sostenitori di questo eventuale passaggio di testimone tra padre e figlia. Negli Stati Uniti c’è stata la dinastia dei Kennedy, poi dei Bush e forse un giorno dei Clinton. Per non parlare dei Le Pen in Francia o della famiglia Letta in Italia, poiché Enrico – presidente del consiglio – è il nipote di Gianni, il più intimo consigliere di Berlusconi.

E poi, come ha detto Michaela Biancofiore, una delle “amazzoni” del Cavaliere, sul Fatto quotidiano del 26 giugno: “In modo diretto o indiretto, siamo tutti figli di Berlusconi”. In questo caso il ricambio è assicurato!

Traduzione di Andrea De Ritis

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