25 novembre 2016 17:30

Daniel Mantovani è stato premiato con il premio Nobel. È uno scrittore argentino che vive in Europa da trent’anni, schivo e misantropo. Al contrario di Bob Dylan va a ritirarlo e durante la cerimonia di premiazione si toglie un sassolino dalla scarpa (il fatto che Borges non abbia vinto il premio è una specie di ferita aperta per il mondo della letteratura latinoamericana) e spiega perché non è felicissimo di averlo ricevuto. Per uno scrittore la vittoria del Nobel significa che è arrivato il crepuscolo, il capolinea. Dopodiché Mantovani torna a chiudersi nella sua lussuosa casa spagnola e a rifiutare inviti.

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A sorpresa però decide di accettare l’invito del sindaco della cittadina dov’è nato, Salas, in Argentina, luogo in cui ha ambientato tutti i suoi romanzi e che ora vuole celebrarlo. Daniel Mantovani cede alla nostalgia, ma il suo romantico viaggio nel passato si trasforma abbastanza rapidamente in un’allucinazione. Il cittadino illustre è un film divertente, ci sono alcuni momenti in cui si ride. Ma gli autori, Gastón Duprat e Mariano Cohn, entrambi di Buenos Aires, dipingono con grande realismo una provincia argentina arretrata, becera e soprattutto violenta e il riso diventa amaro. Il film è stato presentato in concorso a Venezia dove il protagonista Oscar Martínez ha meritatamente vinto la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile.

Appassionato e impegnato. Due aggettivi perfetti per definire l’Oliver Stone regista di Snowden. Per un’analisi più approfondita vale la pena di leggere l’articolo firmato da Francesco Boille. Intanto possiamo dire che raccontando la vicenda di Edward Snowden, Oliver Stone ha ritrovato una vena che sembrava perduta da tanto tempo. Personalmente non metto Snowden sullo stesso gradino di Ogni maledetta domenica, Jfk, Nato il 4 luglio o Platoon. Ma è senz’altro un film in cui il regista (considerato “scomodo”) ha messo tutta la sua passione e il suo impegno civile. In più parliamo di una pellicola avvincente con un cast pazzesco.

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Dall’altra parte del mondo, ecco un altro film ispirato a una storia vera e a una vicenda personale. Il più grande sogno di Michele Vannucchi racconta la storia di Mirko Frezza e la sua aspirazione, dopo diversi anni di carcere, a rifarsi una vita accanto alle persone che ama. Non sembra un desiderio assurdo o irrealizzabile, ma nel quartiere dove vive Mirko, la Rustica, nella profonda periferia di Roma est, non è neanche così scontato. Ad aiutarlo ci sono il suo amico Boccione (interpretato da Alessandro Borghi), la moglie e le due figlie. Il film di Vannucchi (che ha realizzato anche un’Anatomia di una scena) ha il grande merito di coinvolgere il pubblico. Difficile rimanere freddi di fronte a una piccola produzione in cui però regista, autori e attori ci mettono dentro così tanto. Già perché nel film Mirko Frezza interpreta se stesso, è sua la storia che ci racconta, mettendoci faccia e cuore.

La via della seta, la rete delle antiche rotte mercantili tra il Mediterraneo e l’Oriente, è qualcosa di più di un collegamento commerciale. Suggerisce in sé l’idea dell’incontro e dello scambio, oltre quella dell’arricchimento, culturale naturalmente. Forse per questo la via della seta ha ispirato al grande violoncellista cinese americano Yo-Yo Ma un progetto di grande respiro. Verso la fine degli anni novanta ha quindi inaugurato il Silk Road Project, un’associazione no profit pensata per promuovere l’incontro e lo scambio di idee tra musicisti, cantanti, compositori e arrangiatori di mezzo mondo, con lo scopo di confrontarsi, mantenere vive le proprie tradizioni ma allo stesso tempo arricchirle e farle quindi evolvere grazie al confronto con esperienze culturali diverse.

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Da quel progetto è nato poi il Silk Road Ensemble, un collettivo internazionale di una cinquantina di musicisti che si riuniscono periodicamente dando vita a performance eccezionali. Morgan Neville, documentarista vincitore del premio Oscar per Twenty feet from stardom, ha deciso che la storia di Yo-Yo Ma e di questo ensemble meritava di essere raccontata. Nella clip (esclusiva) pubblicata qui sopra abbiamo un piccolo assaggio delle storie che racconta il documentario Yo-Yo Ma e i musicisti della via della seta, presentato al Biografilm festival di Bologna, proiettato all’ultima edizione di Internazionale a Ferrara e finalmente arrivato in alcune sale italiane. Kervork Mourad e Kinan Azmeh sono entrambi siriani, uno cristiano armeno, l’altro arabo musulmano, uno è un artista visivo, l’altro è un clarinettista. La loro collaborazione nell’Ensemble fa pensare che la convivenza di culture e religioni sia tutt’altro che un’utopia.

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