03 dicembre 2014 10:00

Negli ultimi due anni i pedaggi autostradali sono cresciuti in media del 4 per cento all’anno nonostante un’inflazione prossima allo zero e un traffico in forte calo.

Quello messo in atto dalle concessionarie autostradali è un caso tipico di abuso del potere di monopolio: i profitti aumentano, mentre si riducono gli investimenti nella rete, che arrivano comunque sempre in ritardo rispetto ai piani concordati. Eppure, come ha spiegato Giorgio Ragazzi su lavoce.info, le concessionarie continuano ad avere proroghe senza che lo stato incassi niente.

L’articolo 5 del decreto Sblocca Italia estenderà le concessioni al gruppo Gavio fino al 2038. Il paradosso è che l’opinione pubblica ha poca (o nessuna) consapevolezza di questo “regalo”. Gestire un’autostrada è un’attività semplice: non bisogna cercarsi clienti né temere la concorrenza o le innovazioni tecnologiche. Inoltre, in passato i proprietari delle concessionarie non hanno mai impiegato i propri capitali, se non per importi irrisori, né prevedono di farlo in futuro.

Tutto è stato finanziato con i debiti, che sono ripagati con i pedaggi. Anche i nuovi investimenti di cui si parla saranno finanziati con i margini man mano accumulati o con crediti ottenuti grazie ai flussi sicuri dei pedaggi e alla certezza che le tariffe saranno adeguate a garantire i profitti pattuiti. Insomma, il potere delle concessionarie autostradali non è stato neanche scalfito dalla guerra contro i poteri forti annunciata dal governo di Matteo Renzi. La speranza ora si chiama Unione europea, che vuole vederci chiaro e sta valutando se aprire una procedura d’infrazione.

Questo articolo è stato pubblicato il 28 novembre 2014 a pagina 117 di Internazionale, con il titolo “4”. Compra questo numero | Abbonati

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