La destra che ha vinto le elezioni danesi non riesce a formare un governo unita

Il leader del partito liberale Lars Løkke Rasmussen non è riuscito a creare un governo di maggioranza con la destra xenofoba del Partito del popolo danese, che alle elezioni del 18 giugno ha trainato alla vittoria  tutta la coalizione di destra. Rasmussen avvia nuove consultazioni per dare un governo al paese

In Danimarca la destra non trova l’accordo per formare un governo

Non c’è accordo sulla formazione del nuovo governo tra i partiti di destra che, in coalizione, hanno vinto le elezioni in Danimarca. Il leader dei liberali, Lars Lokke Rasmussen, incaricato di formare l’esecutivo, ha confermato le difficoltà di trovare un’intesa con il Partito Popolare danese (Df), euroscettico e xenofobo, che ha trainato la coalizione alla vittoria, aggiudicandosi il risultato migliore di sempre e diventando la seconda formazione più votata, con oltre il 21 per cento dei voti. Nella coalizione c’erano anche due partiti più piccoli, l’Alleanza popolare e i conservatori: anche loro dovrebbero entrare nell’esecutivo.

Ma le distanze sono ampie tra i liberali, moderati, e il più radicale Df, che fa valere il proprio peso sul programma del futuro governo e vuole che in esso si inseriscano misure di respingimento degli immigrati e aumenti di spesa per il welfare.

Il Df aveva sostenuto i governi di destra dal 2001 al 2011, prima dell’arrivo al potere della sinistra. Dopo il risultato storico del 18 giugno, deve ora risolvere un grande dilemma politico: rifiutare alleanze e restare fuori dal governo o entrare nel nuovo esecutivo giungendo a compromessi con partiti che considerano eccessive le spese dello Stato danese.

I liberali danesi avviano un secondo giro di consultazioni per il governo

Il leader dei liberali danesi Lars Lokke Rasmussen ha ricevuto oggi il mandato di formare un governo di minoranza. Nel fine settimana, Rasmussen non è riuscito a crearne uno che coinvolgesse tutti i partiti della coalizione di destra che ha vinto le elezioni del 18 giugno, di cui fanno parte Venstre, il partito liberale di Rasmussen che ha registrato il peggior risultato di sempre, il Partito popolare danese (Df), euroscettico e xenofobo, che ha trainato alla vittoria l’intera coalizione, e le due formazioni minori Alleanza liberale e conservatori.

Il Df ha conquistato il 21,1 per cento dei consensi, che si sono trasformati in 37 seggi in parlamento, 15 in più di cinque anni fa, dei 90 ottenuti da tutta la coalizione. la destra estrema è diventata il secondo partito del paese. Forte di questo risultato, durante le prime consultazioni per formare un governo, il leader di Df Kristian Thulesen Dahl non ha accettato di rinunciare ad alcuni punti del proprio programma, come il controllo delle frontiere per bloccare l’accesso a nuovi migranti e l’aumento degli investimenti pubblici nel welfare.

Tutti gli scenari sono aperti. Rasmussen, che ha avuto il mandato dalla regina, apre nuove consultazioni. I liberali potrebbero provare a tagliare fuori il Df, magari alleandosi con i socialdemocratici della premier uscente Helle Thorning-Schmidt, che comunque restano il partito più votato dai danesi (26,3 per cento). Ma l’estrema destra ha ottenuto molti deputati e un governo che la escludesse dovrebbe fare i conti ogni giorno con il peso del suo veto.

In Danimarca cominciano le consultazioni per il nuovo governo

Sono cominciate le consultazioni per la formazione di un nuovo governo in Danimarca, dopo le elezioni del 18 giugno che hanno visto la vittoria del blocco conservatore guidato dall’ex premier Lars Løkke Rasmussen, grazie al sorprendente risultato della destra xenofoba del Partito del popolo danese. Alla vigilia, la regina Margrethe ha dato ufficialmente l’incarico a Rasmussen.

Il leader del partito liberale Venstre “incontrerà tutti partiti dalle 10” ha fatto sapere la tv pubblica Dr. “Cominceremo a parlare con tutti i partiti presenti in parlamento, a partire dal Partito popolare danese”, anti immigrazione (Df), ha precisato Rasmussen il cui obiettivo è formare un governo con tutti i partiti di destra: Df, l’Alleanza liberale e i conservatori.

Il nuovo governo danese sarà ostaggio della destra xenofoba

Il 18 giugno la politica danese ha subìto un piccolo terremoto alle elezioni politiche: dopo quattro anni di governo di centrosinistra il potere passa alla destra. Il giorno dopo il voto, la prima ministra Helle Thorning-Schmidt è dovuta andare dalla regina e ha dato le dimissioni. Leggi

La destra ha vinto le elezioni politiche in Danimarca

Il blocco conservatore dell’ex premier Lars Løkke Rasmussen, ha vinto le elezioni politiche in Danimarca con il 51,5 per cento dei voti. Ha la maggioranza necessaria a governare, soprattutto grazie al risultato sorprendente dei populisti anti immigrati del Partito del popolo danese, una formazione di estrema destra che ha conquistato il 21,1 per cento dei consensi diventando il secondo partito in parlamento. I socialdemocratici della premier uscente Helle Thorning-Schmidt restano il primo partito, avendo ottenuto il 26,3 per cento dei voti, ma hanno già ammesso la sconfitta.

Il blocco di destra, formato da Venstre (il partito della destra liberale guidato da Rasmussen), Partito popolare danese Df, Alleanza liberale e conservatori, ha ottenuto 90 seggi, contro gli 85 della sinistra attualmente al governo. Il Df ha conquistato 37 seggi, tre in più di Venstre (19,5 per cento) e ben 15 in più rispetto alle elezioni di quattro anni fa. Helle Thorning-Schmidt ha annunciato che lascerà la presidenza dei socialdemocratici.

Secondo gli exit poll cresce il consenso per l’estrema destra in Danimarca

Secondo i primi dati, l’affluenza alle elezioni legislative in Danimarca è stata dell’85,7 per cento, quindi 3,5 milioni di persone sono andate a votare. Se i risultati degli exit poll fossero confermati, il Partito socialdemocratico al governo del paese avrebbe preso l’1,9 per cento in più rispetto alle ultime elezioni, il principale partito d’opposizione Venstre avrebbe perso il 6,3 per cento in meno rispetto alle ultime consultazioni, ma il partito che avrebbe guadagnato più voti sarebbe il Partito del popolo danese, una formazione di estrema destra, che avrebbe preso il 9,6 per cento in più dell’ultima volta. Sarebbe proprio il successo del Partito del popolo danese a determinare la vittoria del centrodestra, se i risultati degli exit poll fossero confermati.

Testa a testa in Danimarca secondo i primi exit poll

Secondo i primi exit poll, in Danimarca il partito socialdemocratico sarebbe il primo partito con il 25,7 per cento dei voti, tuttavia non avrebbe abbastanza seggi per governare. Mentre il blocco formato dai partiti di centrodestra (Vensre e Partito del popolo) raggiungerebbe il 38,5 per cento dei voti (Venstre al 20 per cento, il Partito del popolo al 18,5 cento). I partiti che si sono presentati alle elezioni sono numerosi, ma sono raggruppati in due blocchi: centrosinistra e centrodestra.

Il centrosinistra è formato dai socialdemocratici guidati dall’attuale premier Helle Thorning-Schmidt, dai radicali, dal Partito socialista, dall’Alleanza rosso-verde e dell’Alternativa (un partito fondato nel 2013).

Lo schieramento del centrodestra è formato da: l’attuale partito d’opposizione Venstre, il Partito del popolo, l’alleanza liberale, il partito del popolo conservatore, i cristiani democratici.

Secondo Alberto Nardelli del Guardian exit poll e proiezioni danno i due schieramenti così vicini che la vittoria potrebbe essere decisa dai quattro seggi della Groenlandia e delle Faroe.

La premier al voto
In Danimarca si vota per il rinnovo del parlamento

Dalle 9 in Danimarca si vota per le elezioni politiche anticipate. C’è incertezza sull’esito delle consultazioni, con gli ultimi sondaggi che mostravano una situazione di parità tra il blocco di destra guidato dall’ex premier Lars Løkke Rasmussen e la sinistra di governo della premier Helle Thorning-Schmidt. Le operazioni di voto proseguiranno fino alle 20, i primi exit poll saranno resi noti subito dopo la chiusura dei seggi.

I danesi sono chiamati a rinnovare la Folketing, il parlamento che conta 179 seggi. Il paese è diviso in dieci circoscrizioni, che a loro volta sono formate da distretti. A ogni circoscrizione è assegnato un determinato numero di seggi. Un totale di 135 saranno assegnati col metodo proporzionale, i restanti quaranta saranno attribuiti in modo da bilanciare qualsiasi differenza tra i risultati a livello distrettuale e quelli a livello nazionale. Groenlandia e isole Far Oer eleggeranno due deputati ciascuno e il loro voto potrebbe fare da ago della bilancia, secondo gli analisti.

La campagna elettorale si è tutta giocata sulla politica economica del paese e sul tema dell’immigrazione, con una forte crescita del Partito del popolo (dal 12,3 per cento al 20 per cento), una formazione populista che ha incentrato la propria campagna elettorale sulla necessità di politiche più severe in tema di accoglienza.

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