07 novembre 2013 16:54

Non ricordo con precisione né l’anno né la bancarella, ma ricordo la gioia nel trovarlo lì, tra pile di libri usati che di colpo mi parvero insulsi: il cofanetto, edito da Bompiani, dei Taccuini che Albert Camus scrisse dai ventidue anni fino a pochi giorni prima della morte, il 4 gennaio 1960. Nei tre volumi incorniciati di blu sono racchiusi aforismi, che all’epoca sottolineavo con fervore adolescenziale, e sfoghi, sempre più cupi col passare del tempo; brani di romanzi da scrivere e temi per opere mai scritte; ricordi dell’Algeria perduta ed espressioni di quel maschilismo che Simone de Beauvoir a ragione gli rinfacciava; giudizi letterari e racconti di viaggi, e tanto altro, e anche molti vuoti, perché, come scriveva Camus nel 1953, esistono “quei pensieri che non si esprimono in parole e che ti mettono al disopra di tutte le cose, in un’aria libera e viva”.

La Francia celebra il centenario della sua nascita con iniziative e pubblicazioni a non finire, tanto da strappare al critico Pierre Assouline un accorato appello contro la “commemorazionite”:

In Italia è uscito da poco

[Camus deve morire][1]. La tesi dell’autore, Giovanni Catelli, è che l’incidente di macchina in cui Camus trovò la morte insieme all’amico Michel Gallimard fu opera del Kgb. Catelli aveva avanzato l’ipotesi già un paio d’anni fa, suscitando obiezioni da una [parte][2] e dall’[altra][3] dell’Atlantico.

In quella macchina fu ritrovato il manoscritto del romanzo incompiuto Il primo uomo, per alcuni il suo capolavoro (non mi pronuncio, non riuscendo a dare un ordine di preferenza alle sue opere). Pubblicato solo nel 1994, nel 2011 è stato adattato al cinema da [Gianni Amelio][4]. Altro regista italiano per un altro testo di Camus: nel 1967 Luchino Visconti adattò Lo straniero, con Marcello Mastroianni nel ruolo di Meursault. Per anni irreperibile, il film è ora disponibile online (e [qui][5] trovate una sintesi della sua storia travagliata).

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Alcune immagini dell’adattamento di Visconti appaiono nel numero speciale che un anno fa, in tempi non sospettabili di commemorazionite, il mensile francese [Le Magazine Littéraire][6] ha dedicato a Camus. È in questo numero che ho scoperto, con una punta di delusione, che i Carnets originali di blu non hanno nulla.

Lo speciale propone articoli su Camus romanziere, drammaturgo, giornalista e filosofo, attore e regista, ammiratore di Nietzsche et Dostoevskij, mediatore fallito nell’Algeria in guerra e grande amante del calcio, ideologicamente e umanamente distante da Sartre quanto era fraternamente legato al poeta René Char, con cui scrisse La posterità del sole: una raccolta di fotografie del massiccio del Luberon, nel sudest della Francia, accompagnate da testi di Camus e Char, entrambi innamorati di quella terra e della sua luce.

E mentre i traduttori continuano ad arrovellarsi sulla prima frase dello Straniero (Il New Yorker ha pubblicato un intero [articolo][7] sulla questione qualche tempo fa), a Bruxelles un collettivo di artisti ha creato intorno al testo più celebre di Camus un “dj set letterario”, [Albert Camus lit L’étranger - Remix][8], ora in tournée. È un bel progetto, ma è bello anche acoltare Camus non remixato, come in questo servizio sportivo del 1957, l’anno in cui vinse il Nobel.

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Francesca Spinelli è giornalista e traduttrice. Vive a Bruxelles e collabora con Internazionale. Su Twitter: @ettaspin

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