09 luglio 2020 15:57

Harry Shunk e János Kender hanno documentato il mondo dell’arte d’avanguardia tra gli anni cinquanta e settanta. Per la prima volta il Museo della Svizzera italiana di Lugano (Masi) dedica una retrospettiva ai loro lavori realizzati insieme.

Harry Alexandre Schunke è tedesco ma nel 1957 si trasferisce a Parigi dove fa da assistente alla ritrattista Dora Kallmus. Grazie a lei conosce il fotografo ungherese János Kender che diventa suo partner, nel lavoro e nella vita. Insieme cominciano a seguire le mostre e le performance dei nouveaux réalistes, artisti che prendono spunto da materiali della vita quotidiana, come i rifiuti. Del movimento fanno parte Yves Klein, Niki de Saint Phalle, Mimmo Rotella, Christo e Jean Tinguely. A Parigi conoscono anche Andy Warhol. Nel 1967 vanno a Montréal e poi a New York, dove frequentano gli artisti più sperimentali.

Per più di dieci anni i due fotografi testimoniano una generazione di artisti che ricercano continuamente nuovi modi per creare, esibirsi e vivere. Con molti di loro riescono a instaurare anche un rapporto di fiducia, riuscendo a raccontarli in una dimensione più intima, fuori dalla performance.

Il rapporto finisce improvvisamente nel 1973. Decidono che tutte le fotografie realizzate in questo periodo porteranno sempre la firma di entrambi. Kender si sposa, abbandona la fotografia e muore nel 2009. Shunk continua a seguire la scena artistica ma muore solo ed emarginato nel 2006, senza lasciare testamento.

La mostra Shunk–Kender. L’arte attraverso l’obiettivo (1957-1983) comprende anche le foto scattate da Shunk dopo la rottura. È stata concepita e realizzata dal Centre Pompidou in collaborazione con il Masi Lugano, dove resterà aperta fino al 20 settembre.

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