La vita di Billie Holiday è stata così piena di eventi, tragedie e trionfi che forse si può considerare un’impresa riuscire a fare un film noioso su di lei. E la cosa è ancora più sconvolgente se si considera che questo è stato diretto da Lee Daniels, la cui carriera è costellata di alti e bassi (i critici non finiranno mai di accapigliarsi su quali sono gli alti e quali i bassi tra le sue opere), ma che non ha mai fatto niente che non fosse memorabile, anche se terribile. Il suo film biografico su Billie Holiday però, nonostante sia ben recitato (specie dall’attrice protagonista Andra Day) e ben realizzato, è così fiacco e frammentato che non riesce mai a colpire fino in fondo. Gli Stati Uniti contro Billie Holiday è costruito intorno alla persecuzione della cantante da parte dell’Fbi, per la sua tossicodipendenza ma anche per motivi politici e razziali (in particolare per la sua interpretazione della canzone sul linciaggio Strange fruit di Abel Meeropol). Vuol essere quindi una lezione di storia, ma è così monotona e statica che si perde per strada ogni senso di autenticità.
Bilge Ebiri, Vulture

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Questo articolo è uscito sul numero 1459 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati