Il 5 settembre l’esercito israeliano ha ammesso per la prima volta che molto probabilmente è stato un suo soldato a uccidere la giornalista palestinese Shireen Abu Akleh durante un’operazione militare a Jenin, nella Cisgiordania occupata, l’11 maggio. L’indagine ufficiale ha rilevato che a sparare è stato verosimilmente un militare israeliano, scambiando Abu Akleh per un palestinese armato. L’esercito però ha anche specificato che non ci saranno ulteriori indagini sui soldati coinvolti perché “non c’è il sospetto che sia stato commesso un reato”, riferisce il quotidiano israeliano Haaretz. Il capo dell’esercito Aviv Kochavi ha definito la morte della giornalista di Al Jazeera, che aveva anche il passaporto statunitense, “uno sfortunato incidente”. In un articolo Al Jazeera critica Israele per aver cambiato versione molte volte sull’uccisione di Abu Akleh e per cercare in tutti i modi di “sfuggire alle sue responsabilità”. Intanto il 7 settembre un palestinese è stato ucciso e altri sedici sono rimasti feriti durante un’altra operazione dell’esercito israeliano a Jenin. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1477 di Internazionale, a pagina 37. Compra questo numero | Abbonati