Quando ad agosto Tarō Konō è stato scelto per guidare l’agenzia digitale del governo, nata nel 2021 con il compito di svecchiare la burocrazia giapponese, le sue prime dichiarazioni hanno incendiato i titoli dei giornali. “Basta con i fax!”, “Basta con i floppy disk!”. I suoi proclami, fatti via Twitter, sono stati applauditi all’estero, ma in Giappone sono stati accolti da un silenzioso smarrimento. Con il suo inglese fluente e la fama di anticonformista che gli è stata attribuita dalle testate internazionali, Konō, già ministro degli esteri, della difesa e delle riforme amministrative, è il politico giapponese più in vista in un paese noto per i suoi burocrati senza volto, ed è molto attivo su Twitter.

Konō è il terzo ministro per gli affari digitali nominato in Giappone in meno di un anno e deve dirigere un ministero che non ha ancora raggiunto obiettivi significativi. Per alcuni la sua nomina fa sperare nel tanto atteso cambio di marcia, per altri la sua immagine dinamica è più utile a comunicare l’idea del cambiamento che a realizzarlo sul serio. Un anno e mezzo fa, Konō è riuscito a snellire la burocrazia e le procedure macchinose che frenavano la campagna vaccinale, ed è con questa reputazione che è approdato all’agenzia digitale.

“È l’uomo giusto per questo momento”, dice Joi Ito, ex direttore del media lab del Massachusetts institute of technology, negli Stati Uniti, e cofondatore dell’incubatore di startup Digital garage, con sede in Giappone. “È duro con i burocrati e la sua squadra è composta da tecnici. Ha buoni rapporti con il ministro dell’economia, del commercio e dell’industria Yasutoshi Nishimura, e questo è fondamentale per coordinare i progetti che riguardano le grandi imprese. Inoltre Konō ha un grande seguito su Twitter”.

Preferendo i social alle interviste, dopo la sua nomina Konō ha postato un video su YouTube in cui prometteva di realizzare entro marzo del 2023 un elenco di 1.900 trasformazioni digitali che avrebbero reso la vita “sicura, comoda e prospera” per la popolazione giapponese, sempre più vecchia e in rapida decrescita.

Le proposte comprendono di tutto, dalla creazione di un archivio online per certificare i danni causati dai disastri naturali alle procedure più banali, come i cambi di residenza e l’iscrizione ai servizi di assistenza per l’infanzia. Secondo gli scettici, l’ampiezza del pacchetto e la scadenza lontana garantiscono a Konō largo margine per svicolare dagli impegni presi, consentendo alle notizie di accumularsi fino a essere dimenticate dall’opinione pubblica. A marzo in Giappone si chiudono l’anno fiscale e quello accademico, e i risultati dell’agenzia digitale guidata da Konō saranno a malapena notati.

I primi ministri possono distribuire incarichi in agenzie nuove come quella di Konō per tenere a bada i rivali. Secondo Koichi Nakano, docente di scienze politiche all’università Sophia, a Tokyo, “queste posizioni sono di poco rilievo nel Kasu­migaseki (la sede del governo giapponese), perché sconfinano nel territorio di ministeri più consolidati, con tradizioni burocratiche vecchie di decenni”. A differenza dei vaccini per il covid-19, le riforme digitali possono aspettare.

Cultura analogica

Il governo giapponese ha già promosso la digitalizzazione in passato. Nel 2001 lanciò la strategia “e-Japan” che fu un fallimento. A vent’anni di distanza i floppy disk e i fax sono ancora la norma nei ministeri, nelle università e nelle sedi delle grandi aziende. E il fatto che siano il simbolo dell’arretratezza infrastrutturale del paese sembra lasciare indifferente la maggior parte delle persone. La domanda sorge spontanea: se anche Konō avesse successo, queste trasformazioni stanno davvero a cuore ai leader politici del Giappone e ai loro elettori?

Il Giappone ha la popolazione più anziana del mondo e a 59 anni Konō è chiamato ad appianare il crescente divario generazionale. Una delle sfide che lo attendono è persuadere la vecchia classe dirigente del fatto che il progresso digitale è di primaria importanza, ma anche convincerla a farsi da parte.

“La deferenza nei confronti dell’autorità e degli anziani permette a quest’ultimi di essere analogici senza provare imbarazzo”, spiega Ito. “Negli Stati Uniti anche le persone avanti con l’età sentono la spinta a mantenersi al passo con la tecnologia. In Giappone è ancora molto comune telefonare alle persone. In parte è un segno di rispetto nei confronti degli anziani, che non si sentono a loro agio a mandare messaggi o email”.

Negli anni si è diffusa l’idea che per salvaguardare privacy e sicurezza è meglio mantenere le informazioni offline. Sui consumi privati i giapponesi sono i primi ad accogliere le novità. Ma per quanto riguarda i documenti d’identità, le transazioni commerciali, i referti medici e il tracciamento online, come i servizi di geolocalizzazione di Google, il Giappone ha sempre preferito il controllo alla comodità offerta dalla digitalizzazione.

Nel 2008 un gruppo di avvocati, giornalisti e accademici giapponesi chiese a Google di eliminare il servizio di Street view nel paese perché le immagini di proprietà private, di passanti e targhe automobilistiche “violavano la privacy delle persone”. L’anno dopo il ministro della giustizia presentava un esposto formale contro Google Earth per aver postato mappe storiche che mostravano i quartieri in cui erano segregati i burakumin, un gruppo ancora discriminato perché considerato la casta più bassa ai tempi del sistema feudale. Google si è scusata, oscurando volti e targhe e ritirando le mappe storiche che potevano risultare offensive. Più di recente i pagamenti digitali hanno faticato ad affermarsi, nonostante i progressi compiuti durante la pandemia di covid-19. Il motivo in parte è che molti giapponesi, soprattutto quelli che hanno più di 65 anni, si oppongono all’idea che ogni loro transazione sia tracciabile.

Il rischio del baratro

Nonostante le facili risate degli scettici, è sempre più evidente che tenere i dati offline non è una garanzia di sicurezza. Solo nella prima metà del 2022 in Giappone gli attacchi con ransomware, un virus che blocca l’accesso ai contenuti di un dispositivo, sono aumentati dell’87 per cento. Uno di questi attacchi ha costretto la Toyota a chiudere, anche se per poco, i suoi quattordici impianti nel paese. Un dipendente comunale è tristemente salito agli onori della cronaca per aver perso la chiavetta usb in cui erano conservati i dati dell’intera municipalità dopo una notte di bevute.

Secondo il resoconto di un analista, l’arretratezza informatica giapponese potrebbe portare il paese a quello che il ministero dell’economia, del commercio e dell’industria ha definito un “baratro digitale”, con perdite superiori agli 84 miliardi di dollari all’anno causate da processi inefficienti.

La missione di Konō potrebbe diventare presto un’emergenza. Ma non significa che avrà la libertà d’azione necessaria a gestirla. “Secondo me i giornali e i diplomatici occidentali sopravvalutano Konō perché parla correntemente inglese e si esprime come un repubblicano statunitense”, afferma Nakano. “È più ferrato nella comunicazione che nella realizzazione di politiche digitali. Ed è molto più interessato a diventare primo ministro, quindi sa che deve proiettare un’immagine di cambiamento a uso e consumo dell’opinione pubblica e dei mezzi d’informazione senza però offendere gli anziani del partito”.

I tweet in giapponese di Konō sono più moderati e meno emotivi di quelli in inglese. Contengono annunci di servizio pubblico e assunzioni, non osservazioni ironiche. Fin qui l’aspirante primo ministro ha centrato il bersaglio che intendeva colpire: gli osservatori all’estero. Ma se vuole essere visto come un innovatore anche in Giappone entro marzo del 2023, non gli basterà sbarazzarsi di qualche floppy disk . ◆ gim

Biografia

1963 Nasce a Hiratsuka, nella prefettura di Kanagawa, in Giappone.
1985 Si laurea all’università di Georgetown, a Washington, in scienze diplomatiche.
1996 È eletto in parlamento con il Partito liberaldemocratico.
2017 È nominato ministro degli esteri nell’esecutivo di Shinzō Abe, poi nel 2019 ministro della difesa.
2022 Diventa ministro degli affari digitali nel governo di Fumio Kishida.


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Questo articolo è uscito sul numero 1486 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati