Le zanzare che trasmettono la malaria in Africa hanno una vita breve e spensierata. Gli insetti adulti arrivano a sei, sette settimane al massimo. Per riprodursi depongono le uova nell’acqua, dove le larve crescono e maturano. Questo significa che nei luoghi umidi le zanzare volano tutto l’anno, mentre in quelli con stagioni secche scompaiono. In teoria durante i periodi secchi, che durano mesi, le zanzare dovrebbero morire perché le uova non resistono a lungo in condizioni simili. E invece, pochi giorni dopo il ritorno delle piogge, le zanzare sono nuovamente presenti.

Il fenomeno, noto come il “paradosso della malaria”, ha spiazzato i ricercatori per decenni. Alcuni entomologi ipotizzavano che le zanzare arrivassero da luoghi lontani in cui la presenza di acqua stagnante permetteva la riproduzione. Ma da uno studio di Roy Faiman, dei National institutes of health del Maryland, negli Stati Uniti, e di Alpha Yaro, del Malaria research and training centre del Mali, pubblicato su Nature Ecology and Evolution, è emerso che gli insetti sono del posto e trascorrono la stagione secca in una sorta di letargo.

Chiara Dattola

Come nel letargo invernale, anche in quello estivo (estivazione) gli animali entrano in uno stato di torpore e dedicano tutta l’energia a sopravvivere in condizioni difficili, invece di usarla andando in giro. Alcuni entomologi poco convinti della teoria migratoria avevano ipotizzato che le zanzare usassero questo trucco per sopravvivere in luoghi con lunghe stagioni secche come il Sahel, una fascia semidesertica a sud del Sahara, che attraversa l’Africa da est a ovest passando per il Mali. Ma mancavano le prove, e non perché non si volesse studiare il ciclo delle zanzare. Anzi, c’è un grande interesse per questi insetti, che trasmettono una delle malattie più letali al mondo. A mancare era uno strumento investigativo adatto.

Il deuterio

Le zanzare sono minuscole. Seguirle con lo sguardo è impossibile e, a differenza di animali più grandi, non possono essere dotate di localizzatori gps. Faiman e Yaro, però, hanno preso in prestito un’idea dall’ornitologia. Per capire se un uccello è già stato avvistato basta mettergli un piccolo anello intorno alla zampa. Ovviamente con una zanzara non si può fare, ma i ricercatori hanno ideato un sistema alternativo: il deuterio. Si tratta di un isotopo pesante non radioattivo dell’idrogeno, che reagisce con l’ossigeno creando un tipo di acqua detta “pesante”. L’acqua normale contiene una quantità minima di acqua pesante, ma quella arricchita è facilmente riconoscibile. Nelle ultime settimane della stagione delle piogge, che dura da maggio a ottobre, Faiman e Yaro hanno versato acqua pesante in ventisette siti di riproduzione delle zanzare di due villaggi del Mali, assicurandosi che fossero al livello giusto quando pioveva per evitare che l’acqua pesante si diluisse troppo. Poi hanno verificato che le zanzare di questi siti fossero ricche di deuterio e che quelle dei siti di controllo non lo fossero. In un’analisi a campione un terzo delle zanzare dei due villaggi è risultato positivo al deuterio.

A quel punto i ricercatori si sono messi in attesa. Alla fine della stagione delle piogge i siti sono diventati aridi, come previsto. A maggio sono tornate le piogge, insieme alle zanzare. Un quinto degli insetti era positivo al deuterio, quindi era andato in letargo. Ora non resta che scoprire dove avviene l’estivazione. Una volta individuate le tane, potrebbe essere possibile attaccarle o tendere un’imboscata al risveglio, all’inizio della stagione delle piogge, con una vasta campagna di disinfestazione. Entrambi i metodi potrebbero ridurre drasticamente le popolazioni di zanzare e, di conseguenza, alleviare la piaga della malaria. ◆ sdf

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Questo articolo è uscito sul numero 1486 di Internazionale, a pagina 112. Compra questo numero | Abbonati