Una vasta operazione di polizia coordinata a livello europeo, chiamata Eureka, ha inferto un duro colpo alla potente e temuta ’ndrangheta, da anni più forte di cosa nostra e della camorra. Sono stati arrestati almeno 108 componenti dell’organizzazione criminale e ci sono stati perquisizioni e sequestri in dieci paesi, tra cui Italia, Spagna, Germania, Francia, Portogallo, Belgio, Slovenia, Romania, Brasile e Panamá. Hanno partecipato 2.700 agenti, di cui più della metà in Italia.

Secondo fonti coinvolte nelle indagini, è il colpo più duro mai sferrato alla ’ndrangheta, un’organizzazione criminale che controlla il traffico di cocaina in tutta Europa. I suoi legami internazionali – è presente in più di quaranta paesi – rendevano difficile per le sole autorità italiane combatterla in modo adeguato. Tre anni fa l’Italia ha chiesto assistenza all’Europol, l’ufficio europeo di polizia, e all’inizio di maggio è stato annunciato il primo risultato della collaborazione. Prima di questa operazione erano già stati arrestati altri 46 componenti della ’ndrangheta, tra cui Rocco Morabito, uno dei latitanti italiani più ricercati. La ’ndrangheta fa affari in modo illegale – con il traffico di droga, la tratta di esseri umani, la prostituzione, le estorsioni, i sequestri di persona – e in modo legale, con l’edilizia e l’industria alberghiera, dedicandosi al riciclaggio di denaro e alla corruzione. Le sue infiltrazioni nella politica sono un problema importante, perché rendono più difficile contrastare le sue attività e aumentano la corruzione. Nel 2021 in Italia è cominciato un maxiprocesso che vede più di trecento persone accusate di far parte dell’organizzazione criminale. Più di novanta persone hanno scelto il rito abbreviato e dalla condanna di settanta di loro è emersa l’esistenza di un’ampia rete di politici, avvocati e imprenditori complici.

La storia della ’ndrangheta risale agli anni successivi all’unità d’Italia, nel 1861. È profondamente radicata sia in Calabria sia nel resto d’Italia e si è progressivamente diffusa fino a scalzare le altre organizzazioni mafiose. È temuta per la sua estrema violenza. La magistratura italiana stima che attualmente abbia più di ventimila affiliati in tutto il mondo e un giro d’affari superiore ai cinquanta miliardi di euro. Questo spiega perché un paese da solo non può combatterla.

Volontà politica

Le autorità italiane e belghe le attribuiscono molte attività illegali, comprese l’importazione e la distribuzione di più di venticinque tonnellate di cocaina tra il 2019 e il 2022. Grazie agli accordi stretti con il Clan del Golfo, un’organizzazione paramilitare colombiana, e con gruppi criminali dell’Ecuador e dell’Albania, la cocaina arriva in Europa attraverso i porti italiani, belgi, olandesi, tedeschi e spagnoli.

La polizia europea non ha rivelato l’importanza delle persone arrestate né il loro ruolo nell’organizzazione, ma è presumibile che ci saranno ulteriori indagini e arresti. Dato il potere dell’organizzazione, la cooperazione tra i paesi dovrà essere intensificata. La lotta alle mafie – che si tratti di ’ndrangheta, cosa nostra o camorra – richiede volontà politica e un enorme sforzo su scala globale nel campo giudiziario, oltre a un grande coraggio da parte di chi è coinvolto in queste operazioni di contrasto alla criminalità organizzata, perché la capacità di reazione e di ripresa delle mafie è altissima. Storicamente sono sempre riemerse in una forma o nell’altra. Nel ventunesimo secolo sono un nemico a cui non si deve dare tregua. Questa nuova collaborazione tra le forze di polizia europee è quindi la benvenuta. ◆ fr

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Questo articolo è uscito sul numero 1511 di Internazionale, a pagina 35. Compra questo numero | Abbonati